RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Girolamo Rossi

Ignote vie della devozione

Strane alchimie della storia, che dispensa i propri doni con miracolosa e imperscrutabile generosità. Accadde nella Firenze dei Medici, magnifico catalizzatore di artisti incomparabili, e accadde ancora nella Napoli del Settecento, centro musicale d'Europa e scrigno di inesauribili tesori. Merito di Lorenzo Tozzi, musicologo e direttore da sempre impegnato nella riscoperta del nostro patrimonio culturale, aver tratto da un colpevole oblio l'immagine di Girolamo Rossi, il più ignoto fra i numerosi compositori che portano questo diffusissimo cognome. A lungo trascurata in virtù della presunta superiorità del teatro musicale, l'enorme messe della produzione sacra napoletana attende ancora una ricognizione non dico completa, poiché la sua mole rende l'impegno perlomeno impervio, ma almeno il più sistematica possibile. Se studi monografici dedicati all'argomento hanno interessato le figure importanti di Jommelli, o di Leo, poco si è fatto per recuperare nomi ignoti ai più, comunque necessari per ricostruire l'ambiente della Napoli settecentesca.

Uno di questi è appunto Girolamo Rossi. Poco sappiamo della sua vicenda biografica, a parte la menzione quale maestro di cappella presso l'oratorio del SS. Crocefisso, così come molto poco resta della sua produzione, quasi interamente racchiusa nel cd appena edito da Bongiovanni, salvo nuove improvvise scoperte. Si tratta di due opere sacre che esemplificano i diversi ambiti della devozione pubblica e domestica. La Cantata in onore di S. Antonio da Padova è in realtà un vero e proprio oratorio di ridotte dimensioni, nel quale agiscono le figure allegoriche del Merito e della Gloria. Ibridazioni formali non erano del resto nuove all'epoca, se pensiamo ad esempio al genere del mottetto con preghiera sperimentato da Paisiello durante la reggenza di Giuseppe Bonaparte, esercizio musicale non strettamente liturgico ma destinato a occasioni particolarmente significative. La Cantata di Rossi esemplifica l'importanza del Santo nella devozione partenopea. Particolarmente singolare la sinfonia introduttiva, conclusa da un “Balletto spiritoso” che richiama aspetti di derivazione popolare. La poetica degli affetti trova varia e brillante incarnazione nelle quattro arie e nel duetto conclusivo che compongono l'opera. Atmosfere corrusche screziano l'aria “Frema, ma d'empio orrore”, paesaggi inferi già ampiamente delineati nel recitativo introduttivo, esalazioni sulfuree destinate a svanire di fronte alla potenza del Santo. Particolarmente significativa l'aria “Anima pura e bella”, il cui incedere solenne viene impreziosito dalle fioriture del violino. Di notevole spessore anche la Lectio IV, in grado di coniugare il messaggio dottrinale del testo latino con una scrittura piacevole e spigliata.

L'uso del salterio, che potrebbe quasi richiamare alla mente le sonorità dei vivaldiani concerti per mandolino (si pensi alla brillante esaltazione del sacrificio nel brano Multi martyres), fornisce al tessuto sonoro una veste particolarmente accattivante e di peculiare bellezza. Esecuzione partecipata da parte del Romabarocca Ensemble diretto da Lorenzo Tozzi il quale, avendo per primo dato vita a queste musiche, mostra un particolare afflato nei loro confronti. Alla riuscita dell'incisione contribuiscono le voci limpide e stilisticamente appropriate di Lucia Casagrande Raffi (soprano) e di Elisabetta Pallucchi (contralto). Da sottolineare infine l'ottima prova di Heidelor Schauer al salterio.

Riccardo Cenci

31/5/2020