Santa Cecilia apre con un
“Peter Grimes” tragico e decadente
Arduo è svelare le motivazioni per cui la storia del teatro musicale inglese ha avuto un percorso tanto frastagliato e discontinuo, difficile indagarne le complesse dinamiche in questa sede. Certo è che la grande rinascita novecentesca è radicata nell'esperienza poliedrica e multiforme di Benjamin Britten, in quella tensione etica e morale in grado di ridefinire in maniera totale i paradigmi sino ad allora usuali, creando un modello di teatro sociale costantemente orientato dalla parte degli ultimi e dei perseguitati. Il Peter Grimes inaugurale della stagione ceciliana rappresenta il doveroso tributo ad un grande compositore nel centenario della nascita da parte di un'istituzione tradizionalmente attenta al repertorio moderno e contemporaneo (Il prigioniero di Dallapiccola in programma nell'aprile del prossimo anno lo testimonia). Nel resuscitare la drammaturgia musicale anglosassone, Britten tempra il fuoco della propria ispirazione nell'elemento acquatico. Protagonista della partitura è il mare, con i suoi languori, i suoi profumi, le sue tempeste a simboleggiare lo sconvolgimento che devasta l'animo dei personaggi. Del resto l'acqua ha sempre avuto un ruolo importante nella letteratura di lingua inglese, da Shakespeare a Melville, da T. S. Eliot a Virginia Woolf. Senza addentrarci in discorsi che ci porterebbero lontano, basti pensare allo stretto legame fra questa e il desiderio di morte, all'elemento liquido come metafora dell'annullamento. Di tali atmosfere decadenti, costantemente erose dalla risacca marina, la direzione estenuata di Pappano si fa interprete ideale. Il maestro inglese mostra una totale sintonia con l'universo poetico britteniano, una capacità di leggere la partitura con un virtuosismo che, lungi dall'essere pura esibizione, si trasforma in lucida introspezione. L'Orchestra dell'Accademia lo segue in maniera esemplare, assecondandone le pulsioni ed i ripiegamenti con ammirevole flessibilità, così come il Coro, il quale offre una prestazione di grande rilievo. Nell'ambito di una tale lettura anche la mancanza di scene, l'esecuzione era in forma di concerto, non nuoce agli sviluppi di una drammaturgia tutta giocata sul suono e sulle sue suggestioni.
Riguardo il cast Gregory Kunde, al suo debutto nel ruolo di Peter Grimes, offre una prestazione che lascia il segno. Forte di una vocalità particolarmente metamorfica, nata nel segno del teatro rossiniano ed approdata di recente a lidi ben più drammatici che comprendono persino l'Otello verdiano, il tenore statunitense approccia il personaggio tenendo a mente il modello offerto da Jon Vickers. Ne risulta un Grimes ben lontano dall'esempio prettamente lirico di Peter Pears, prima incarnazione del ruolo, ma di grande statura tragica. La voce di Kunde si è incredibilmente ampliata ed ispessita, risultando solidissima in particolare nel registro centrale. A volte la linea di canto è screziata da qualche impurità, ed oscilla un poco nelle frasi sussurrate o quando è necessario smorzare il suono. Merito dell'interprete saper volgere a proprio vantaggio tali trascurabili mancanze, giocando sugli accenti e sulle sfumature, accentuando l'evidenza drammatica del fraseggio. Un lavoro sul personaggio che convince in particolar modo nel finale secondo e nel delirio conclusivo, davvero struggente nel mostrare la presa di coscienza definitiva da parte del protagonista della propria alterità, un momento che non può non richiamare certe atmosfere del Wozzeck di Berg.
Sally Matthews è una Ellen disperata e impotente di fronte alla progressiva caduta di Grimes, mentre Alan Opie tratteggia in maniera efficace il carattere del capitano Balstrode. Un folto stuolo di comprimari offre il proprio decisivo contributo al dipanarsi di una vicenda nella quale la definizione dell'ambiente risulta fondamentale per comprendere la solitudine del protagonista. Fra questi ricordiamo la veterana Felicity Palmer, forse un po' troppo caricaturale nei panni di Mrs. Sedley. Problemi infine per Matthew Best (Swallow) il quale, colpito da un'affezione improvvisa, è stato sostituito dopo la fine del primo atto. Alla fine grandi applausi per tutti, anche se durante l'esecuzione il pubblico è andato man mano diminuendo, esempio lampante di quanto resti da fare per diffondere non solo il contemporaneo ma anche il Novecento storico che, almeno per gli appassionati, dovrebbe rappresentare ormai un dato acquisito. Riccardo Cenci
1/11/2013
Le foto del servizio sono di Musacchio & Ianniello.
|