RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 

Gli occhioni planetari di

Susan Sarandon

“Non ho mai studiato recitazione sicché non avrei neanche i mezzi tecnici e linguistici per spiegare esattamente il mio lavoro. Epperò so che quando si studia una scena e si ha l'opportunità di tante reincarnazioni, si scopre che, alla fine, tutti hanno paura delle stesse cose e vogliono le stesse cose. Ed io mi sento capace di sentire ciò che non avrei mai immaginato di fare”.

Non accade tutte le volte ma quando accade di trovare un artista giusto come pensavi che fosse, il tuo immaginario e il tuo “dentro” ne escono come rinfrancati e non solo non desideri sorprese ma ne diventi addirittura nemico.

Susan Sarandon – al Taormina Filmfest 2015 – è esattamente il possente e amabilissimo monumento d'attrice che gronda, garbata e insistente, da ogni sua pellicola. Nella seconda un po' più della prima e un po' meno della terza.

Non giovanile ma credibilmente giovane – gli obblighi anagrafici non la riguardano affatto ma pare che l'anno entrante debba compierne 70 – la zazzeretta è rossa quasi a voler denunciare le sue origini angloirlandesi con un profumo di Galles benché lei ci tenga a dichiarare quelle altre, siciliane di Ragusa, come il nonno materno, Criscione, che lasciava la provincia iblea per New York all'alba dell'altro secolo.

“Ho ancora parenti a Ragusa e sono sempre in contatto con loro; Giovanni, mio cugino, parla con mia mamma più di quanto lo faccia mio fratello”.

•  Non è solo con l'Isola a tre punte che si consuma l'intrigo. Tra lei e il Belpaese tutto, Roma, per esempio, lei ha un rapporto, come dire, fecondo.

“Prima che nascesse la mia primogenita, ho avuto stagioni molto travagliate con grosse difficoltà a diventare madre. Ma Dio rispose alle mie preghiere. Venni in Italia e alla fine dell'estate ero incinta. Da quel momento, alle donne che avevano lo stesso problema ho consigliato di venire in Italia d'estate!”.

Non c'è trucco che possa aggiungere veramente qualcosa ai suoi occhioni planetari: li socchiude in segno d'approvazione, li sgrana, liquidamente, se la passione le accende la ragione.

“Scelgo i ruoli che rappresentano una sfida, meglio ancora se mi spaventano. Certo, fare la cattiva è molto più catturante ma, in fondo, basta che sia un personaggio divertente, sexy e che non muoia alla fine…”.

•  Qualche no o sì di cui si è pentita?

“Hai sempre ripensamenti per i ‘no' ma a volte i ‘sì' possono essere rischiosi. Mi capita, invece, di guardare con interesse ai film che non mi sono stati offerti ed è in quel caso che mi dispiace che altri non abbiano detto no…”. E accorgendosi ch'è impossibile non ridere, aggiunge: “Francamente non capisco perché ne siate così felici!”.

•  Ancora a proposito di ruoli.

“Non ne accetterei mai uno che non fosse in grado di lasciare un segno dentro me, di cambiarmi. Esistono due tipi d'attori: quelli che interpretano sempre se stessi (e spesso sono i più pagati) e quelli che fanno i personaggi e tra cui ci sono io. Mi annoierei a morte a fare me stessa e la gente che non vuole cambiare mi preoccupa. Ogni film entra in un modo speciale nella tua vita, tra personaggio ed attore deve esserci sempre questo scambio e questo rischio. Accettare le scommesse mi tiene sveglia”.

Se all'epoca ci stupiva Alberto Sordi quando, come Cornelia con i Gracchi, esibiva con candida vanità i suoi cento film, Susan Tomalin sposata Sarandon e rimasta Sarandon anche dopo il divorzio dal primo marito, l'attore Chris Sarandon, non è lontana da quella cifra. Fino ad oggi sono già 83 film, da quel primissimo La mortadella del 1971 quando lei non sapeva neanche chi fosse Mario Monicelli, all'investitura ufficiale di 4 anni dopo con Rocky Horror Picture Show, da Pretty baby a Bull Durham, da L'olio di Lorenzo a Nemiche amiche, da Il cliente a La frode, da Elizabethtown a La valle di Elah passando, ovviamente, per Thelma e Louise e Dead man walking, culto e mito in un colpo solo.

“Non avrei mai pensato d'aver fatto tutto questo, sono impressionata da me stessa!”.

•  Il Taormina Arte Award alla carriera ha due must, la carriera e una clip che la riassume in pochissimi minuti come la Reduced (non Royal) Shakespeare Company “asciuga” l'intera produzione del Bardo in appena 97 minuti.

•  “Lo considero però un premio di 'metà carriera'… Torno tra 40 anni per ritirare l'altro ma voglio ritrovarvi tutti”.

Se non avesse scelto di fare attrice, sarebbe stata probabilmente una psichiatra o un'insegnante: “Sono decisamente affascinata dalla gente”.

•  E dunque non può che dirsi lucidamente attonita, come qualunque vivente che conservi umanità, dinanzi alla strage nella chiesa di Charleston con un spiantato bianco “in missione” contro i neri che sembra lo sgangherato erede dello sgangherato Ku Klux Clan.

•  “Negli Stati Uniti abbiamo due problemi enormi: il razzismo e le armi. E le cose succedono e non so come cambieranno, come e quanto le legislazioni possano impedire queste ignominie. A Charleston come in altre parti degli States, si possiedono armi e non succede nulla, la gente pensa che sia giusto”.

•  Parlarne può fare la differenza?

“Certo. E accade, come nel caso dei diritti per i gay, che i progressi arrivino ma, in altri casi, a parlarne tanto si rischiano reazioni repressive”.

•  Se “Sarandon for president” non è una battuta (rumours la vorrebbero candidata alla presidenza degli States per il Partito Verde Statunitense), la corsa di Hillary Clinton è un fatto. Avrà il suo voto?

“Una donna deve essere eletta perché è brava e non solo perché è donna, molti grandi paesi hanno donne al comando e il criterio non dovrebbe mutare”.

•  Anche nello show business ?

“Lo show business è talmente ridicolo da rendere impossibile stabilire, per legge, una parità di compensi tra uomini e donne, attori e attrici. Essere pagate tanto quanto gli uomini non è parametro per avere maggiore o minore stima di se stesse. È vero che a Hollywood si scrivono meno parti femminili e ciò è mancanza di immaginazione ma tanti giovani autori, per fortuna, stanno scrivendo per le donne. Il lavoro non può sempre essere definito dal successo, del resto non credo che chi ne abbia sia poi così felice. Ma se è vero che gli uomini hanno tutto il peso della struttura sociale e noi donne sembriamo non contare, allora possiamo sgattaiolare e strutturare i nostri film. Perché lasciare che la loro definizione di successo ci condizioni all'infinito? Smettiamola di lottare con le loro categorie. Possiamo fare la differenza, qui ed ora. Anche nel modo in cui educhiamo figli e figlie”.

•  È sensibile e inossidabile come suor Helen Prejan di Dead man walking. Credente? Cristiana e cattolica?

Absolutamente ”.

•  Ma è lì che vien fuori il suo undicesimo comandamento.

“Quando dico qualcosa d'impopolare ho sempre paura che la stampa affermi cose negative ma se restassi in silenzio sarei complice di ciò che non mi piace”.

•  Questa è una battuta di Suor Helen!

“Ebbene, io amo questo Papa, sta cercando di fare un sacco di cose, tiene in considerazione i poveri, l'ambiente, le donne. Vuol fare fuori la corruzione in Vaticano, è umile e accessibile. Quello che l'ha preceduto e si è ritirato è stato nazista, molti lo sono stati, è un dato di fatto, non sono certo io a dirlo. Ma il punto è che non è stata una brava persona, ha protetto gente che ha fatto cose orribili e il nazismo è il minore dei suoi problemi. Io sono credente come tutta la mia famiglia ma non ritiro ciò che ho detto, i suoi non sono stati peccati di gioventù”.

Pausa.

“Non mi creerete di nuovo problemi per questo, eh? Devo andare cinque giorni a girare un film con Ben Stiller, a Roma… ”.

E gli occhi planetari hanno già detto la loro.

 

Carmelita Celi

22/6/2015