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Heiner Goebbels: la contemporaneità frammentata “Schwarz auf Weiss”

in scena al Teatro Argentina di Roma

Nella sua peculiare drammaturgia, Schwarz auf Weiss è una sorta di omaggio che il compositore Heiner Goebbels tributa allo scrittore Heiner Müller, un epicedio dell'era moderna, un lamento funebre dalla possente vitalità e dall'inarrestabile dinamismo. La prima esecuzione risale al marzo del 1996, e segue di pochi mesi la scomparsa del grande drammaturgo, avvenuta nel dicembre del 1995. Merito di Giorgio Battistelli averla riproposta oggi, a venti anni di distanza, nell'ambito del Fast Forward Festival, manifestazione di teatro musicale contemporaneo della quale si sentiva un gran bisogno, che vede la partecipazione di varie istituzioni romane, fra le quali il Teatro dell'Opera.

Proprio questa pièce teatrale è stata la scelta inaugurale, andata in scena al Teatro Argentina. Diciotto strumentisti dell'Ensemble Modern di Francoforte divengono gli attori di una performance musico-teatrale di spiccata originalità. Al principio siedono spalle al pubblico, invertendo il tradizionale rapporto fra palcoscenico e platea. In seguito il tutto assume una connotazione onirica e sfuggente. Sonorità jazzistiche trasportano l'ascoltatore in improbabili ambienti, strade oscure appena suggerite dalle immagini proiettate sulla scena, che in seguito si aprono a influssi eterogenei. La scrittura di Goebbels declina il dettato postmoderno, inteso quale compresenza dei materiali più disparati. Ascoltiamo allora il suono suggestivo di un koto giapponese, assistiamo a una toccata che vede protagonisti un flautino e una teiera. Un basso elettrico e una batteria evocano a tratti atmosfere rock, mentre l'ispirazione più propriamente classica sembra voler fagocitare l'intera storia della musica, il tutto inserito in un contesto di estrema libertà teatrale. Scene dalla struttura cabarettistica esorcizzano la storia e i suoi drammi.

Piuttosto che rinchiudersi nella propria torre d'avorio, Goebbels sembra suggerire un canovaccio aperto all'improvvisazione. In realtà tutto è perfettamente studiato e prescritto, anche il momento in cui i musicisti bersagliano con palline da tennis gli strumenti a percussione, lo squarcio più ludico dell'intera performance. Particolare anche l'uso dei testi di Edgar Allan Poe, T.S. Eliot e Maurice Blanchot, recitati in inglese, francese e tedesco. Scelte apparentemente strane per celebrare il genio di un drammaturgo come Heiner Müller, costantemente rivolto al versante politico della storia, portatore di un'esperienza creativa che appare oggi quale un unico grande testo, frammentario e lacerato come il mondo nel quale viviamo. Il disinteresse di Poe per l'individuo potrebbe ad esempio sembrare quanto di più lontano possa esistere dall'impegno civile di Müller. In realtà Goebbels è interessato a suggerire atmosfere, non a imporre proclami o veicolare messaggi. In tal senso le terribili visioni di Poe non sono poi così estranee ai meccanismi teatrali del drammaturgo tedesco, alla sua concezione di un destino ineluttabile che ci avvinghia e preclude qualsiasi trasfigurazione.

La storia stessa è un incubo immenso, in grado di stritolare gli uomini. «Quel cadavere che l'anno scorso piantasti nel giardino, ha cominciato a germogliare?», scrive T.S. Eliot in quel poema della morte e rigenerazione che è la Waste land, opera intrisa di sostanza musicale, non a caso piegata da Goebbels ai propri scopi. Il lavoro di montaggio del compositore è a sua volta una maniera per riflettere sulla molteplicità del mondo moderno, la convivenza dei diversi registri espressivi, dal tragico al ludico, dal drammatico all'ironico, è forse l'unica maniera per non smarrirsi nell'immenso labirinto della contemporaneità. Spiazzante il finale, con gli archetti che stridono sul corpo dei violini, e il suono che si riappropria di una libertà primigenia colma di turbamento. Sala gremita e pubblico calorosamente entusiasta, un bel segnale per la musica di oggi, solitamente emarginata e lasciata a uno sparuto gruppo di specialisti.

Riccardo Cenci

30/5/2016

Le foto del servizio sono di Christian Schafferer.