RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Barcellona

Le fiamme dell'amore

Nella situazione attuale della lirica a Barcellona si rischia, quando arriva John Eliot Gardiner al Palau de la Música per un concerto con un'opera barocca in forma semiscenica, che il migliore spettacolo della stagione sia proprio quello. È successo due anni fa con l'esecuzione de Il ritorno di Ulisse in patria di Monteverdi. E, per quanto mi riguarda, è tornato a succedere con questa sua Semele di Haendel, sempre con il Monteverdi Choir, gli English Baroque Soloists e dei cantanti notevoli, alcuni reduci da quell'esperienza unica, come unica è stata questa. Come si sa la storia mitologica (per un oratorio drammatico in inglese!!) ci narra gli amori infiammati e mortiferi di Semele e Giove che finiscono letteralmente con la protagonista incenerita ma madre del futuro Bacco o Dioniso che finalmente porterà il vino all'umanità, a quanto pare più positivo e possente dell'amore.

Il coro non solo è magistrale in materia di canto (e può fornire dei solisti per le parti ‘minori' di tutto rispetto) ma ha anche degli attori stupendi per la regia di Thomas Gutrie (menzionato sul programma come co-direttore), con le luci di Rick Fisher e costumi di Patricia Hofstede, non solo belli ma adeguatissimi ai diversi momenti (altri reduci della recita monteverdiana di cui sopra). Gli orchestrali, altrettanto bravi, suonavano con un impegno e una capacità straordinaria per seguire i minimi gesti di Sir John, visibilmente soddisfatto in più di un momento delle tre ore e venti minuti di musica. Dalla sinfonia al coro finale gli archi erano vivacissimi, ma anche gli altri gruppi. Risultato: una versione non solo superba ma drammaticamente esemplare, e perfino la versione scenica di Robert Carsen cede davanti a questa, minimalista se si vuole ma con una vita teatrale in coro e orchestra che non me la sarei sognata mai e poi mai. Non un attimo di stanchezza, ma contrasti continui tra momenti lirici, comici, ornamentali, rituali e tragici senza cambiare più di tanto dinamiche o ritmo quanto i colori e le sfumature.

“Per quanto riguarda i cantanti, tutti notevoli specialisti e partecipi all'azione scenica disegnata (...) vanno tutti lodati nel loro insieme, visto che (..) alcuni (..) coprivano anche più di un ruolo.” Così mi esprimevo allora e così, con qualche distinguo, ripeto adesso. Aggiungevo, per esempio, che “Gianluca Buratto è un notevole basso, ma curiosamente la zona più debole è il registro grave, meno timbrato e udibile degli altri, davvero impressionanti”. Ebbene, mea culpa, questa volta almeno il grave era altrettanto impressionate quanto gli altri, e se il suo Cadmo padre della protagonista era bravo, il suo Sonno era spettacolare e divertentissimo. Tornava anche il mezzosoprano Lucile Richardot, questa volta come Ino e Giunone e non solo tornava a impressionare come cantante ma in due ruoli così diversi è stata interprete di eccezione. Un terzo cantante ripescato era il controtenore Carlo Vistoli, sensazionale nelle sue due arie, con un trillo notevole, ma anche bel timbro, omogeneità, estensione e bravo attore, nei panni di Athamas, lo sfortunato promesso sposo di Semele finalmente maritato con Ino che delira per lui. La protagonista era l'eccezionale soprano Louise Alder, superiore ancora alla sua interpretazione de La Calisto di Cavalli a Madrid poche settimane fa. Le agilità, i sovracuti, il fraseggio, la freschezza erano straordinarie così come la vanità e l'orgoglio che finalmente saranno la rovina di questa amante di Giove, interpretato correttamente, ma non più, dal tenore Hugo Hymas, buona tecnica e stile ma voce esile e per niente bella. Bravissimi i due soprani del coro, Emily Owens (Iris) e soprattutto Angela Hicks (Cupido) e corretto l'Apollo del tenore Peter Davoren. Il programma non offre possibilità di sapere chi fossero gli interpreti di Endless Plesaure (corretto soprano, Alison Ponsford-Hill o Angharad Rowlands?) e l'Alto Sacerdote (e mi dispiace in questo caso perchè si trattava di un ottimo basso, non so se Daniel D'Souza, Robert Davies o Christopher Webb). Sala stracolma con pochi applausi durante il concerto (un'aria della protagonista, una del controtenore) ma con un saluto caldissimo all'inizio e meritatissime ovazioni alla fine.

Jorge Binaghi

29/4/2019

La foto del servizio è di Toni Bofill.