La Serva Padrona
a Vicenza in Lirica
L'appuntamento con l'opera all'interno della rassegna Vicenza in Lirica si è svolto alle Gallerie d'Italia di Palazzo Leoni Montanari ove è stato eseguito l'intermezzo buffo di Giovanni Battista Pergolesi La Serva padrona.
L' opera fu composta per il compleanno di Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbuttel (madre di Maria Teresa d'Austria) su libretto di Gennaro Antonio Federico, e rappresenta in prima al Teatro San Bartolomeo di Napoli il 28 agosto 1733, quale intermezzo all'opera seria Il prigionier superbo, dello stesso autore, la quale sarà destinata a non raggiungere neppure lontanamente la fama della Serva padrona. Con questa realizzazione è da considerarsi a tutti gli effetti l'inizio del nuovo genere dell'Opera buffa. Il successo fu immediato e mai tramontato nel corso dei secoli. Significativo fu il grande successo della ripresa del 1752 dell'Académie Royale de Musique, la quale sviluppò una disputa, nota come la Querelle des bouffons, fra i sostenitori dell'opera tradizionale francese, incarnata dallo stile di Jean-Baptiste Lully e Jean-Philippe Rameau, e i sostenitori della nuova opera buffa italiana fra cui alcuni enciclopedisti (in particolare Jean Jacques Rousseau, anch'egli compositore). La disputa divise la comunità musicale francese e la stessa corte per due anni (la regina, ad esempio, simpatizzava per gli italiani) e portò a un veloce cambiamento del gusto musicale francese, il quale si orientò verso modelli meno schematici e più moderni.
Piccola operina, solo per la durata, ma eccelsa per linguaggio musicale e sviluppata attraverso due soli cantanti. Un gioiello frizzante, ironico e moderno, che giustamente il teatro mai ha ignorato, proprio perché incarna figure vere e teatralmente innovative.
Il bellissimo cortile barocco delle Gallerie di Palazzo Leoni Montanari era la cornice ideale, in un tardo pomeriggio settembrino, per la realizzazione demi stage ideata da Andrea Castello. Un tavolo, due sedie, qualche oggetto minimo (tazze, bicchieri, bottiglie), erano più che sufficienti per una lettura drammaturgica spigliata e briosa, ove ha contribuito soprattutto l'ottima presenza scenica degli interpreti.
Davide Giangregorio, Uberto, è in giovane basso di grandi potenzialità vocali (selezionato allo scorso Festival di Sarzana) che ha fornito una prova molto convincente, ben calibrata, con buon fraseggio, e una generale valida padronanza di mezzi mantenendo l'eleganza del canto senza macchietta. La Despina di Ilenia Tosatto, forse non proprio maliziosa e peperina, ma piuttosto malinconica e dolce, ha avuto una buona realizzazione attraverso mezzi vocali rifiniti ed esprimendo una musicalità precisa.
Lo stesso regista Castello ha garbatamente interpretato il servitore muto (mino) Vespone.
L'Ensemble Corte Armonica era istruito da Alberto Maron, il quale era anche maestro al cembalo. La sua concertazione è stata briosa e stilizzata in un contesto quasi cameristico tale da rendere di livello il fraseggio musicale con un'accuratissima focalizzazione degli strumenti ad arco, eccellenti gli esecutori.
Un risultato finale di grande stile, cui ha contribuito l'ambiente intimistico, anche se all'aperto, del cortile del Palazzo. L'esecuzione è stata preceduta da una sapiente conferenza introduttiva di Alessandro Cammarano.
Lukas Franceschini
24/9/2016
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