Un barbiere di qualità
Il secondo dei tre titoli rossiniani che fanno parte di questa ministagione di autunno era il più popolare di quanti scritti dal Pesarese anche se altri sono pure dei veri e propri capolavari. Appunto perciò r isulta davvero difficile fare uno spettacolo interessante. Se in questo caso l'aspetto squisitamente teatrale non era del tutto riuscito (regia di Leo Muscato con dei bei costumi di Silvia Aymonino, scene funzionali di Federica Parolini, luci di Alessandro Verazzi e una coreografia di Nicole Kehrberger brillante soltato durante il temporale inteso come un incubo di Rosina) aveva il merito di farsi vedere con simpatia, con quell'idea della ripetizione in un teatro di – appunto – L'inutil precauzione (il vero titolo originale dell'opera, con Almaviva, per non fare la concorrenza all'allora amatissimo Barbiere di Paisiello che però ha finito – ingiustamente – per sconfiggere). Forse l'idea meno felice era proprio quel balletto maschile travestito che alcune volte non era azzeccato e altre risultava confuso, ma invece molto buona la trovata di farne maestra la non vecchia Berta e Rosina l'étoile. Comunque la cosa migliore era l'interpretazione dei cantanti, alcuni davvero formidabili. La direzione di Riccardo Chailly era molto buona, sebbene in quest'occasione suonava più ‘crepuscolare' rispetto alla sua anteriore lettura in questa stessa sala, e quindi più lenta e meno brillante nei crescendi già a partire della sinfonia. L'orchestra era in ottima forma mentre il coro di uomini (molto felici anche come attori) seguiva ottimamente le indicazioni del loro nuovo maestro, Alberto Malazzi.
Il protagonista decretato dalla tradizione questa volta lo era anche per merito personale: Mattia Olivieri esibiva una simpatia travolgente, un'agilità da atleta, in più delle solite notabili doti vocali con una tecnica ed uno stile davvero esemplari, e un carisma che ha fatto esultare il pubblico e a ragione. Erano stati previsti due tenori per la parte di Almaviva, ma ho visto solo il secondo, Antonino Siragusa. Con le solite limitazioni timbriche e qualche acuto fisso e metallico risultava un buon Lindoro (con ‘Cessa di più resistere' compreso). Svetlina Stoyanova era una discreta Rosina, più riuscita come attrice; dal punto di vista vocale funzionava bene solo in zona centrale. Nicola Ulivieri ci offriva un Basilio di buona voce (curiosamente più grave e più in forma di altre volte), comico senza arrivare alla macchietta. Costantino Finucci (nei panni di Fiorello e un ufficiale) sembrava avere delle buone qualità. Ma, magnifica sorpresa, la Berta di Lavinia Bini, non solo brillante attrice con il suo aspetto tra ‘vamp' e ‘domina', era capace non solo di farci ascoltare i difficili acuti del finale primo ma anche di dare una versione più che eccellente dell'aria del secondo atto.
A ogni buon canto l'altro ‘mattatore' della serata era lo straordinario Bartolo di Marco Filippo Romano, che arrivava alle cento recite della parte e si capisce bene il perchè: cantava (e non parlava), recitava anzichè ricorrere a delle caccole scontate e al costante ridicolo sopra le righe (come capita tante volte), e dimostrava che il canto di un vero basso buffo rossiniano non ha più segreti per lui. La anteultima recita era la prima con la capienza totale della sala senza più misure restrittive ed era percettibile in tutto il teatro (anche e forse particularmente in buca e palcoscenico) l'emozione di vedere una recita con il tutto esaurito, e certo no solo perchè come Verdi diceva il botteghino è quello che decreta un successo.
Jorge Binaghi
20/10/2021
La foto del servizio è di Brescia e Amisano.
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