RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Die Soldaten

di Bernd Alois Zimmermann per la prima volta alla Scala

Prima esecuzione al Teatro alla Scala dell'opera Die Soldaten di Bernd Alois Zimmermann, nel cinquantesimo anniversario della prima rappresentazione, la quale avvenne a Colonia alla Städische Bühnen il 15 febbraio 1965.

È la seconda volta che l'opera è rappresentata in Italia, la prima a Firenze negli anni '70. Die Soldaten è una delle più importanti partiture contemporanee, o meglio della seconda metà del Novecento, ed ebbe una gestazione complessa, lunga e travagliata. Iniziata nel 1957 fu completata dopo rielaborazioni, ripensamenti e scrittura musicale alterna solo nel 1964. Commissionata dall'Opera di Colonia nel 1958 e programmata nel 1960, nel momento dell'eventuale esecuzione i responsabili del teatro, il sovrintendente e il direttore musicale Wolfgang Sawallisch, decretarono che quanto composto era incompleto ed impossibile da eseguire. In seguito Zimmermann completò la partitura sottoponendola ad un processo di revisione ma anche completamento e approntò una sorta di suite “Sinfonia Vocale” (con lo stesso titolo) per dimostrare che la musica da lui composta era perfettamente eseguibile. La prima fu diretta da Michael Gielen con la regia di Hans Neugebauer, proposta poi in Europa e oltre oceano, in particolare negli Stati Uniti, sfatando il concetto dell'impossibile realizzazione scenica e musicale, la quale tuttavia è contraddistinta da un numero elevato d'interpreti, attori, ballerini, dalla monumentale orchestra e dalla strumentazione multimediale ed elettronica necessaria. Il testo, adattato dallo stesso compositore, è tratto dal dramma omonimo del 1776 di Jakob Michael Lenz, uno dei lavori più singolari del teatro settecentesco. Il dramma, dopo le varie modifiche apportate da Zimmermann, si trasforma in una dimensione universale, con un'introspettiva analisi dei personaggi colpevoli o meno ed ispirazioni della seconda guerra mondiale con gli orrori del nazismo. Molti musicologi hanno rilevato quanto la concezione dell'opera trae spunti dal teatro di Alban Berg, da Wozzeck (numericamente uguali le scene, quindici) e Lulu (per il profilo psicologico della protagonista e per la scrittura vocale, estrema), non tralasciando che Buchner trasse ispirazione dal dramma di Lenz per il suo Woyzeck.

Dal punto di vista musicale Zimmermann adotta la tecnica seriale dodecafonica, assieme a citazioni stilistiche che spaziano dal jazz, alla musica popolare, utilizzando anche la polifonia medievale e le variazioni barocche ispirate da Bach. Zimmermann è attratto dal soggetto in considerazione che i personaggi, di ogni epoca, non sono condizionati dal destino, quanto invece dalle classi sociali, dalle circostanze e dai caratteri, che li sottomette ad avvenimenti ai quali non possono sfuggire.

È' il caso espressivo della bella e giovane Marie che, promessa sposa al commerciante Stolzius è poi sedotta da un ufficiale, subisce violenza da un altro uomo fino a diventare la prostituta dei soldati. Ridotta e umiliata si arrabatta nella cruda e violenta periferia ad elemosinare non riconosciuta dal padre. Zimmermann punta l'indice anche contro il militarismo, molto segnato dalla sua esperienza bellica.

Lo spettacolo, curato da Alvis Hermanis, proveniva da Salisburgo (2012), ora a Milano diversificato per disponibilità di palcoscenico diversa. Trattasi di una lettura molto avvincente e di estrema drammaturgia scenica. Il regista punta prevalentemente sui caratteri dei singoli e di una società cruda e borghese, talvolta cinica altrimenti insensibile. Il sesso è creato con gusto senza trascendere in grossolane e scontate trovate, le prurigini dei soldati, spesso a torso nudo o con pantaloni abbassati, sono crude ma reali senza voler trovare volgarità eccessive, l'opera esprime anche questo. La scena in stile “bordello”, dello stesso Hermanis e Uta Gruber-Ballehr è fissa ma di forte impatto visivo, le vicende della sfortunata ma debole Marie sono uno sfondo beffardo e crudele, ove anche un padre appare talvolta indifferente. Uno spettacolo che pur nella vicenda umana feroce è elegante e realizza un finale straordinario con la caduta, ma qui ascendente (quasi mitizzata) della protagonista posta come martire degli eventi, rafforzata ovviamente da una musica incisiva e debordante. Riuscitissimi i costumi di Eva Dessecker e le luci di Gleb Filshtinsky.

Artefice fondamentale della riuscitissima operazione è il direttore Ingo Metzmacher, il quale ha concertato in maniera eccellente la difficilissima partitura, realizzando ampie e riuscitissime sonorità ed un incisivo linguaggio drammatico, riuscendo in maniera perfetta a calibrare tutte le parti dell'orchestra, soprattutto le percussioni che in tale contesto hanno ruolo importante. L'orchestra del Teatro alla Scala, non abituata a tale repertorio, l'ha seguito doviziosamente e con esiti emblematici.

Caratteristica di molte opere contemporanee è il folto elenco d'interpreti, talvolta anche superfluo. In Die Soldaten sono addirittura ventisette! Bravissima sia scenicamente sia vocalmente la Marie di Laura Aikin, impeccabile nel registro acuto. A lei si aggiunge il sadico Desportes di Daniel Brenna, il vendicativo Stolzius di Thomas E. Bauer, e la straordinaria, seppur non più fresca, Contessa de la Roche di Gabriela Benackova. Impossibile citare tutti gli altri, ma meritano una menzione Alfred Muff (Wesener), Cornelia Kallisch (vecchia madre di Wesener), Matthias Klink (giovane Conte) e i diciotto ufficiali dell'Ensemble “Il canto di Orfeo”.

Teatro gremito, cosa rara per una partitura moderna, attento e partecipe, al termine ovazioni prolungate a tutta la compagnia.

Lukas Franceschini

9/2/2015

Le foto del servizio sono di Brescia e Armisano - Teatro alla Scala.