RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Ti vedo, mi sento, mi perdo (in attesa di Stradella)

di Salvatore Sciarrino alla Scala di Milano

L'ultimo titolo della stagione d'opera 2016-2017 è una nuova commissione al compositore Salvatore Sciarrino da parte del Teatro alla Scala e della Staatsoper unter der Linden di Berlino: Ti vedo, ti sento, mi perdo (in attesa di Stradella) in prima esecuzione assoluta su libretto dello stesso compositore , che si confronta ancora una volta con il mondo musicale barocco, ispirandosi per questa sua nuova opera, la sedicesima, alla figura di Alessandro Stradella, grande artista del '600 dalla vita avventurosa, che si potrebbe sintetizzare in "genio e sregolatezza, avventurosa, in parte criminale e con tragico epilogo".

Sciarrino, per l'intricato libretto, ha tratto ispirazione da molteplici fonti letterarie e poetiche (Apollonio, Ovidio, Stramboli, Rilke e altri) e documenti storici. L'opera si suddivide in due atti e il soggetto si sviluppa sulla vana attesa di Stradella, compositore, (non presente scenicamente), durante le prove di una sua cantata. Drammaturgicamente l'opera è caratterizzata da un'instabilità temporale e di spazio dell'azione. La scena è articolata in tre settori diversi ma paralleli: oltre l'orchestra nella classica posizione in buca, vi è la presenza di un "concertino" in scena composto di archi e ottoni, qui posti a destra e sinistra del primo palco di proscenio. Al centro del palcoscenico una sorta di teatro in allestimento, è qui che si prova la citata cantata, che è il denominatore della vicenda, con i suoi protagonisti: la cantatrice, il coro, il musico, il letterato, e i servi. Tuttavia l'opera si svolge su tre differenti piani ma nello stesso tempo intersecati: la prova musicale, le scene comiche dei servi che commentano e beffeggiano la situazione e i costumi dei loro padroni (chiaro riferimento alla commedia dell'arte), e il tragico racconto delle vicende di Stradella, non fisicamente in scena. I riferimenti all'opera barocca sono palesi, il tragicomico, ma anche a opere più recenti, come la straussiana Ariadne auf Naxos nella vicenda dei servi e delle persone che gravitano attorno al teatro.

Come riportato nel programma di sala, in un saggio di Cesare Fertonani e Gianluigi Mattietti, Sciarrino condensa l'opera in due temi portanti: il distacco prima di perdersi (con riferimento alla cantata nella quale ci sono riferimenti a Ulisse e Orfeo); la centralità vista come presenza fisica del corpo, di senso e di passione.

L'orchestrazione è ricca e diversificata, che è da supporto indissolubile con il dialogo e la ricaricata vocalità degli interpreti. Non mancano citazioni dello stesso Stradella, ma anche di Fryderyk Chopin e Claude Debussy. Non meno rilevante è che le voci cantano e recitano con l'orchestra, uno stile tipico del compositore siciliano. Uno stile quasi di concezione e fattura di delicate sonorità e di suoni strumentali che rievocano il passato nello stile di Sciarrino. Il quale scrive anche un libretto di non facile comprensione, ma ciò che rallenta l'esecuzione è la pratica della ripetizione, troppo abusata.

Lo spettacolo di Jurgen Flimm, regista, George Tsypin, scenografo, Ursula Kudrna, costumista, Olaf Freese, disegno luci, e Tiziana Colombo, coreografa, affascina e conquista per una rievocazione barocca che è ben calibrata tra il passato e il rifacimento presente di un'epoca mitizzata. Rilevante il tratto gestuale sui singoli, che sono accomunati da un senso di commedia, divertente e di grande impatto teatrale. Magnifici i costumi creati dalla Kurdna, ben calibrate le luci, fantastica e molto peculiare la scena che usa anche la struttura stessa del teatro, che solitamente non si vede. Ultima, ma non secondaria, la coreografia che evoca sempre il passato ma con chiari riferimenti e soluzioni dell'oggi.

Sul podio il giovane direttore francese Maxim Pascal, il quale ha dimostrato uno straordinario talento di concertazione, poiché era assai difficile tenere tutti sulla retta via avendoli posti in situazione diversa. Senza bacchetta ha impresso un ritmo e uno stile che vanno oltre la classica lettura, ma sfociano nella precisione musicale accomunata da una delicatezza e un trasporto artistico di altissimo livello.

Non meno efficace la prova dell'intera compagnia di canto, nella quale prevalgono in primis Laura Aikin, la Cantatrice, di straordinario fraseggio e precisione vocale, e subito dopo Charles Workman, il Musico, cantante raffinato e di grande espressione timbrica. Ma tutti sono da lodare senza riserve: Otto Katzameier (il Letterato), Sonia Grané (Pasquozza), Lena Haselmann (Chiappina), i divertentissimi e inappuntabili servi Thomas Lichtenecker (Solfetto), Christian Oldenburg (Finocchio), Emanuele Cordaro, Minchiello e Ramiro Maturana, giovane Cantore.

Il coro era composto dai solisti dell'Accademia della Scala e da un allievo del Conservatorio G. Verdi di Milano: anche per loro un plauso convinto: Hun Kim, Massimiliano Mandozzi, Chen Lingjie, Oreste Cosimo, Sara Rossini e Francesca Manzo.

Buon successo al termine, l'opera è stata molto apprezzata dal pubblico, anche se bisogna rilevare le molte assenze dopo la pausa tra primo e secondo atto.

Lukas Franceschini

28/11/2017

Le foto del servizio sono di Matthias Baus-Teatro alla Scala.