RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Regia bagnata

Straniera fortunata!

La Straniera è fra le opere di Vincenzo Bellini una delle meno travagliate, scritta senza troppi ripensamenti e contenente solo due brevi adattamenti da opere pregresse, che sono per la precisione il quartetto “Qual sarà dolor che uccide” nel 2° atto, il cui motivo venne tratto dal Tantum ergo in Sol maggiore, composto all'epoca degli studi conservatoriali, e la cabaletta di Valdeburgo del 2° atto “Meco tu vieni o misera”, cavata dall'arietta di Fanny dal 2° atto dell'Adelson e Salvini, “Ecco, signor la sposa”.

Il melodramma in due atti debuttò con grande successo al Teatro alla Scala di Milano il 14 febbraio del 1829, diretto da Alessandro Rolla con le scene di Alessandro Sanquirico e con protagonisti il soprano Henriette Méric–Lalande (Alaide) ed il tenore Domenico Reina (Arturo). In occasione di un successivo allestimento del 13 gennaio 1830, sempre nello stesso teatro meneghino, il compositore siciliano ritoccò la partitura, intervenendo sulla parte di Arturo, per adattarla questa volta alla potente vocalità di Giovanni Battista Rubini, il celebre tenore dotato di un eccezionale registro sopracuto.

La messa in scena dell'opera proposta in prima assoluta nel nostro teatro il 21 gennaio (con repliche fino al 29), e registriamo che mancava dalle scene del Bellini fin dal lontano 2001, si è avvalsa dell'edizione critica Ricordi curata e realizzata dal prof. Marco Uvietta, docente di musicologia presso l'Università di Trento, il quale si è anche fatto carico dell'incontro propedeutico di introduzione alla stessa con la conferenza “Preludio all'opera” di giovedì 19 gennaio.

La regia di Andrea Cigni ha puntato a sottolineare in primo luogo il paesaggio lacustre che permea tutta la vicenda, facendo dell'elemento acquatico la colonna portante dell'azione, ed in secondo luogo ha voluto rivitalizzare lo spazio drammaturgico all'interno del quale si muovono i personaggi dell'opera, intendendo sottolineare con marcata energia il contrasto dialettico spesso esistente fra scene “interne” e scene “esterne” (i cosiddetti fuoriscena). Se è pur vero che “fra il dire e il fare c'è di mezzo il mare”, è altrettanto sicuro che tale sua intenzionalità nei fatti non è risultata sempre viva e tangibile. Il sipario si apre su una palude con canneto e null'altro (che in seguito verrà tirato su da alcuni argani), mentre nella seconda parte del primo atto ed in tutto il secondo l'azione si svolge di fatto in una grande pozzanghera-piscina (palude?) che occupa buona parte del palcoscenico, piscina riflessa per il pubblico del parterre da un grande specchio situato in obliquo fra tetto e fondale, e nella quale cantanti e comparse recitano immersi nell'acqua fino alle caviglie. Sembra peraltro, stante a voci indiscrete di corridoio o di palcoscenico che dir si voglia, che tale “perenne pediluvio” sia stato il motivo scatenante dell'infreddatura del soprano Daniela Schillaci, infreddatura che l'ha obbligata a disertare la prima.

Sottolineiamo che nel complesso Cigni è riuscito a creare un'ambientazione gotica abbastanza affascinante e coinvolgente, ottima idea è stata per esempio quella di proiettare suggestive immagini sul velatino, ma la necessità perenne dell'elemento acquatico ci è parsa eccessiva e quasi superflua, anche perché, diciamo il vero, dal libretto tale “acuta idrofilia” non viene evidenziata, specie dall'inizio del 2° atto dove il testo recita puntualmente: «Gran sala ove si raduna il Tribunale degli Ospitalieri, alla cui giurisdizione è soggetta la provincia: porta di prospetto ecc. ecc». Viene seguita poi da altre scene: «Foresta…Gabinetto di Isoletta nel castello di Montolino… Atrio che mette al tempio degli Spedalieri ecc.».

Il soprano Francesca Tiburzi, che avrebbe dovuto sostituire la Schillaci nei turni R, S1 ed S2 nel ruolo di Alaide, ha avuto, per il motivo già sopradetto, l'onere e l'onore di sostenere la prima, e dobbiamo sottolineare che la sua interpretazione si è distinta per pregevolezza e raffinatezza sia da un punto di vista vocale che da un punto di vista interpretativo e gestuale. La sua prestazione è cresciuta man mano e si è fatta sempre più evidente e netta nel 2° atto, specie nella parte finale, dove ha potuto mettere in campo non solo la sua innata musicalità ma anche la sua perizia nei legati, nei filati e nella cesellatura delle frasi musicali.

Il mezzosoprano Sonia Fortunato (Isoletta) ha cantato dalla buca dell'orchestra, avvalendosi sulla scena di un'attrice-mimo (Nicol Oddo), svolgendo la sua parte con una certa precisione anche se la definizione della vocalità non conteneva quel pathos, quelle emozioni e quelle dolci cadenze che Bellini ha affidato al delicato e languido personaggio. Emanuele D'Aguanno (Arturo) ha cantato in modo corretto e consono alla tipologia del personaggio, riuscendo a metterne in campo le specificità appassionate e romantiche. Il baritono Enrico Marrucci, più sicuro e vocalmente aitante e spavaldo nel primo tempo, ci è parso perdere smalto nel corso del secondo atto: saranno stati causa scatenante anche per lui i continui e forsennati pediluvi? Adeguate le interpretazioni di Riccardo Palazzo (Osburgo), Alessandro Vargetto (il signore di Montolino) e Maurizio Muscolino (il Priore degli Spedalieri). Le scene di Dario Gessati ed i costumi di Tommaso Lagattolla e le luci di Fiammetta Baldiserri sono stati sicuramenti ben realizzati e si sono rivelati consoni ed adeguati all'ambientazione noir e gotica richiesta dal testo di Felice Romani.

La direzione orchestrale di Sebastiano Rolli ci è parsa piana, proporzionata e corretta nel suo complesso, anche se in alcune brevi sezioni accelerava inopinatamente i tempi e in altre tendeva a soverchiare coro e cantanti con qualche eccesso fonico. L'orchestra ed il coro del nostro teatro hanno cercato al meglio di assecondare il conduttore mettendo in campo la solita rilevante professionalità. Il pubblico intervenuto ha tributato prolungati e calorosi applausi agli artisti e allo spettacolo, e in special modo a Francesca Tiburzi.

Giovanni Pasqualino

22/1/2017

Le foto del servizio sono di Giacomo Orlando.