RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

The Telephone e The Medium di Gian Carlo Menotti

al Pavarotti di Modena

Al Teatro Comunale “L. Pavarotti” un raro dittico del compositore italo-americano Gian Carlo Menotti: The Telephone e The Medium, proposti con una nuova produzione del Teatro di Modena. The Telephone, or L'Amour à trois è un'opera comica in un atto con libretto e musica di Menotti. L'opera fu commissionata dalla società del balletto, e la prima, presentata in coppia con The Medium, fu al Teatro Heckscer di New York il 18 febbraio 1947. Una versione per Broadway andò in scena il 1 maggio 1947 presso il Teatro Ethel Barrymore. Curiosamente ebbe una sola proposta al Metropolitan Opera House il 31 luglio 1965. The Medium è una breve opera drammatica in due atti. L'autore in seguito fece una versione in lingua italiana. Commissionata dalla Columbia University, la sua prima fu l'8 maggio 1946. Tuttavia la prima vera rappresentazione, con partitura riveduta, fu la stessa sera in accoppiata con The Telephone.

Menotti è stato un compositore distante dall'avanguardia musicale del suo tempo, si è sempre dichiarato conservatore, il suo linguaggio musicale versatile e manierato è influenzato da autori diversi, tra i quali si possono citare Puccini, Debussy e Stravinskij, ed è caratterizzato da un uso fluente di stili e materiali. La sua scrittura eloquente e sciolta ma soprattutto comunicativa spiega il grande successo delle sue opere. Non è da dimenticare che Menotti fu un uomo di teatro completo, infatti fu autore, commediografo, librettista di tutte le sue opere. Ne risulta un attento e acuto creatore di opere dove testo, musica e azione sono un tutt'uno, le drammaturgie molto convincenti e i tempi suggestivi. E la voce è utilizzata in tutti gli stili e modi tipici dell'opera lirica. Perfetto esempio sono le due opere proposte, le quali rivestono a loro modo ancor oggi una tinta di modernità.

Nell'opera buffa The Telephone, genere spesso praticato da Menotti, possiamo ravvedere una dipendenza dal telefono, qui quello cosiddetto fisso con tanto di cavo. La protagonista femminile passa tutta la sua giornata al telefono in conversazioni spesso futili, cosa che impedisce al giovane innamorato di fare la sua proposta di matrimonio, avendo questi i minuti contati poiché deve prendere un treno. La soluzione finale sarà quella di fare la proposta da una cabina telefonica in stazione, con la promessa che l'amata annoti il suo numero di telefono esatto. Questo permette allo spettatore in parte di immedesimarsi in situazioni forse vissute ancor oggi, attraverso il cellulare. Rilevante è che nell'opera, composta di due soli personaggi, il telefono diventa suo malgrado personaggio anch'esso, parte fondante della drammaturgia. Melodicamente e drammaturgicamente variegata, l'opera è deliziosa e coinvolgente per gli stili utilizzati, che si fondano in maniera eccelsa conferendo alla partitura ironia e colori ricercati.

The Medium è invece un'opera drammatica e psicologica che racconta l'angoscia di una medium sconvolta per il contatto con il mondo dell'aldilà. La storia si rifà a un'esperienza personale del compositore avvenuta nel 1936 nei pressi di Salisburgo. La trama si sviluppa sulla vicenda di Flora che organizza sedute spiritiche con l'aiuto della figlia e del giovane servo muto di famiglia. Ricevendo gli ospiti per la seduta, i quali vogliono evocare l'anima di loro cari scomparsi, questi sono truffati poiché è la figlia di Flora, Monica, che parla nascosta nel buio. Durante una seduta Flora sente una mano che le afferra il collo, supponendo sia stato il servo Toby lo minaccia e alla fine gli spara mentre lui è nascosto dietro una tenda, nel finale pone la domanda “Sei stato tu?”. Menotti analizza la disgregazione mentale della protagonista, e nonostante la tinta inquietante con esito macabro, l'opera è un dramma d'idee, facendo il ritratto a una donna nei due mondi che frequenta e che non capisce e non comprende completamente. Peculiare è lo sviluppo di Flora, che da seria matriarca che controlla la situazione di casa e non solo, diventa donna insicura e spaventata, nella cui situazione la forza drammatica e musicale diventa declamata e di cupo contrasto.

Il bellissimo spettacolo presentato a Modena porta la firma di Stefano Monti, regia e costumi, Nathalie Deana e Monti, scenografi, Eva Bruno, luci. Il regista con maestria idealizza un ambiente onirico, quasi vanesio, sottolineando il tema buffo, ma senza eccedere, e allo stesso tempo rendendo efficace il tema più serioso dell'incomunicabilità dell'uomo. Brillante, scorrevole, piacevole ma anche riflessivo, uno spettacolo che non lascia indifferenti, e il sorriso ironico è spontaneo. Bellissimi i costumi, cromatici e di grande taglio sartoriale. Nella Medium lo spazio scenico è ampliato verso il pubblico, il quale almeno virtualmente dovrebbe essere partecipe della seduta spiritica, e lo spazio sembra possa essere simbolo della stessa. Luci brunite che rendono all'ambiente un aspetto sinistro, come fosse un film noir. Spettacolare la recitazione che è sviluppata in diverse prospettive che contraddistinguono i personaggi, emerge ovviamente la figura di Flora, ma non è da meno l'arte scenica del servo muto.

Il versante musicale era molto valido a cominciare dalla bacchetta di Flavio Emilio Scogna, il quale a capo dell'Orchestra Filarmonica Italiana ha saputo concertare con polso ottenendo limpidezza e nella prima opera brio controllato ma gioioso, nella Medium, che presenta una partitura più complessa, erano azzeccati i colori e le diverse sonorità, talvolta sinistre e di grande effetto emotivo.

Il cast ha frequentato una masterclass in “Tecnica vocale e interpretazione del repertorio” promosso dall'Istituto Superiore di Studi Musicale “O. Vecchi-A. Tonelli”, la cui docente è stata Raina Kabaivanska. Elisabeth Hertzberg, Lucy in Telelephone, era una valente attrice sensuale e una professionale cantante capace di eseguire un personaggio che la impegnava in molteplici scritture vocali. Il suo innamorato Ben era un bravo Lorenzo Grante, baritono chiaro e incline alle morbidezze, molto rifinito il fraseggio. In Medium primeggiava la protagonista Julija Samsonova-Khayet, cantante dal seducente e profondo timbro di mezzosoprano che ha saputo coniugare un canto forbito e una recitazione esemplare nel complesso personaggio. Molte lodi anche a Marily Santoro, la figlia Monica, dotata di voce rifinita, timbro omogeneo e brillante che le permette di prendersi un successo personale in vari interventi. Validissimi anche gli interpreti minori: Chiara Isotton, una persuasiva Mrs. Gobineau, ancora Lorenzo Grante un preciso Mr. Gobineau, Roxana Herrera Diaz una drammatica Mrs. Nolan, e la funzionale Arianna Manganello, una voce fuori scena. Bravissimo il mimo Marco Frezza nel non inferiore ruolo di Toby.

Al termine dello spettacolo numerosi applausi convinti da parte di un folto pubblico, che ha particolarmente gradito questo rarissimo dittico. Una nota finale è il rammarico che questa bella produzione, con un cast validissimo, abbia avuto solo due recite nella città emiliana e non si fosse potuto organizzare o programmare un piccolo tour itinerante in altri teatri.

Lukas Franceschini

27/3/2018