Londra
Resta immobile?
È la domanda che ci si fa quando in quel momento di sublime raccoglimento del Guglielmo Tell di Rossini vedi che proprio lì capita Edwige – l'opera si è data in francese ma qui si seguono i nomi ‘italiani' – e si mette ad apparecchiare: non è una scemenza, ma se è vero che il teatro può e deve adoperare le risorse del cinema non tutto fa brodo e Damiano Michieletto anziché farsi caricare la mano di tante idee dovrebbe incominciare a capire che ci sono dei momenti nell'opera lirica di ‘stasi' dove aggiungere movimenti, personaggi e chi più ne ha più ne metta nuoce. La nuova regia è un misto di grandi momenti e altri rovinati da questo atteggiamento ossessionato poi dall'opposizione tirannide-ribellione che fa sì che il primo atto venga tutto portato a un'atmosfera cupa di paura e di minaccia. Il pubblico della prima, di solito poco ‘latino' nelle reazioni, si scatenava durante l'atto terzo dove c'è uno stupro. E sbagliava, o per un momento si tornava all' Ottocento dove si faceva di tutto ma non se ne parlava e tanto meno lo si consentiva sul palcoscenico. Se qualcuno avesse almeno accennato al fatto che la musica da balletto, che poteva anche servire allo scopo del regista, passava senza un passo di danza, ed è un vero peccato quando si ha a disposizione il corpo di ballo della Royal Opera House, anche durante l'atto primo, cosa che secondo me è quella che più ha sofferto del partito preso a scapito della musica e del testo... Detto questo quasi tutto l'atto terzo e buona parte del quarto, in particolare quella preghiera finale –capisco Toscanini che doveva scegliere per riaprire la Scala nel dopoguerra la preghiera del Mosé, ma questa ci sarebbe stata anche come scritta per l'occasione – erano eccellenti, soprattutto con le luci di Alessandro Carletti assolutamente perfette).
Sul piano musicale sia il coro, magnificamente preparato da Renato Balsadonna, sia l'orchestra facevano sensazione. E altrettanto sensazionale è stata la concertazione di Antonio Pappano dopo la sinfonia: se avesse richiesto più densità e più tensione alla sezione iniziale e avesse avuto meno fretta in quella finale avrebbe fatto qualcosa di unico. Si rivolgeva (è logico in principio), per i ruoli principali, agli stessi cantanti con i quali aveva già eseguito l'opera in concerto (e c'è pure il cd), ma è un peccato che non ci abbia ripensato per Matilde, perchè Malin Byström tornava a dimostrare – ancora di più se possibile – la sua assoluta inadeguatezza alla parte. I mezzi sono di timbro opaco e impersonale, grandi in centro e in acuto, ma ohimè c'erano parecchi di questi ultimi confinanti nel grido, con delle agilità povere e insufficienti, assoluta mancanza di messe di voce, e quando cercava di farle non ci riusciva…'Selva opaca' è stata così di una noia mortale. Invece e per fortuna Gerald Finley e John Osborn erano in forma smagliante; il primo è, per di più, un interprete notevole – vorrei vedere un altro al suo posto in questa regìa, a cominciare da un francese che meglio di così è impossibile, assolutamente padroni di recitativi e cantabili: senza dubbio i migliori oggi per le rispettive parti, e si sa quanto impervia sia quella del tenore.
Per il resto vanno rilevati il Jemmy partecipe e perfettamente cantato da Sofiae Fomina, ed il Melchthal di Eric Halfvarson che ha avuto una presenza scenica impressionante anche come fantasma nel secondo atto; attenzione: se le cose stanno così adesso quando si arriverà a Banquo cosa succederà? Se Enkelejda Shkosa si mostrava più sicura e interessante nell'ultimo atto e un po' meno nel primo, va notato che gli altri due tenori (e cioè Enea Scala, nei panni del pescatore, e Michael Colvin, in quelli del servile Rodolfo) non sempre sono stati in grado di sostenere la loro non facile tessitura. Molto più soddisfacenti gli altri due bassi, Alexander Vinogradov (Gualtiero) e Nicolas Courjal (Gessler, un cattivo di voce rigogliosa), e si faccia qui pure menzione dei buoni mezzi del giovane baritono Samuel Dale Johnson (Leutoldo), che quest'anno prende parte al programma per giovani artisti Jette Parker. In quest'occasione solo c'era qualche debole protesta arrivato ‘quel' momento fatale, che era stato oggetto anche di una nota della direzione del Teatro, capolavoro del politicamente corretto.
Jorge Binaghi
8/7/2015
Le foto del servizio sono di Clive Barda.
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