RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Popolarità di Thomas Adès

Il segreto del successo di Thomas Adès risiede forse nella sua capacità di assimilare i dettami del passato, trasfigurandoli con arguto eclettismo in maniera del tutto personale. Il frequente riferimento a modelli letterari indirizza l'ispirazione verso una spiccata teatralità, eminentemente espressiva. Il progetto dedicato alla Commedia dantesca segna ambizioni smisurate. Peccato che per l'occasione ceciliana, scegliendo di eseguire il solo Paradiso , parte conclusiva dal balletto intitolato The Dante Project, sia andata perduta la dialettica fra i diversi scenari; solo passando attraverso le traiettorie infernali e i triboli purgatoriali l'ascoltatore può apprezzare pienamente la catarsi finale. La scelta è stata certo dettata dal timore di tediare un pubblico già di per sé poco incline al contemporaneo. Eppure Adès è autore fra i più apprezzati, in grado di imporre al repertorio lirico un lavoro come The tempest, non a caso recentemente riproposto alla Scala.

Detto ciò, ascoltare il Paradiso diretto dal suo creatore è comunque esperienza appagante. Adès delinea i caratteri di un mondo etereo e sfuggente, nel quale il tempo e lo spazio perdono la propria consistenza. Le suggestioni iconografiche, in particolare quelle derivate dall'immaginario di Gustave Doré, si traducono in una struttura sonora circolare e avvolgente, che trascina lo spettatore in un vortice ipnotico dalle coordinate incerte. Il progressivo addensarsi della luce sfocia in un coro mistico fuori scena di indubbia suggestione. Il viaggio siderale evoca i diversi pianeti, senza fornirgli una connotazione descrittiva precisa, contrariamente al pezzo che apriva la serata, The Planets di Gustav Holst. Da Caldara a Hindemith, da Cavalli a Ruders, dagli albori del melodramma fino ai giorni nostri l'astratta sostanza astronomica ha attratto la curiosità dei compositori. Nella declinazione di Holst il significato astrologico si addensa in materia sonora. Di particolare impatto l'incipit dedicato a Marte, con il suo implacabile incedere e la sua prefigurazione degli orrori del Primo conflitto mondiale. Particolarmente riuscito anche il brano dedicato a Saturno, scandito da una pulsazione incessante che addita il progressivo insinuarsi della senescenza. Bello il finale, Nettuno, misteriosamente declinante verso l'ignoto. Per il resto il brano di Holst è piuttosto esteriore, quasi cinematografico nei suoi effetti spettacolari. Adès lo dirige con grande fisicità e coinvolgimento, aderendo perfettamente alle eterogenee atmosfere del brano. La presenza di Adès avrebbe meritato un pubblico più numeroso. Chi era presente ha dimostrato di apprezzare.

Riccardo Cenci

23/3/2023

 

La foto del servizio è di Musacchio&Ianniello.