Una nuova Tosca a Parigi
L'atteso debutto di Ludovic Tézier nella parte di Scarpia si è rivelato il vero gran motivo per recarsi all'Opéra: ha cantato, esottolineo il verbo in questo caso, vista la cattiva abitudine di tanti baritoni di parlare o urlare, in modo più che notevole e con bella voce, dimostrando che in Puccini non guasta mai – come d'altronde a quasi nessuno degli operisti, almeno fino agli inizi del Novecento, ed era molto sobrio nella gestualità, e va sottolineato anche questo atteggiamento perchè si trtta di un barone che ha una certa sua classe.
Il nuovo allestimento – brutte scene di Christof Hetzer – un atto primo da incubo – e bei costumi di Robby Duiveman, per la regìa di Pierre Audi, non disturba nè nuoce ma si dimentica presto.
Buono il lavoro del coro preparato adesso da José Luis Basso e complessivamente bene anche l'orchestra, tranne qualche problema nella sempre difficile introduzione dell'atto terzo diretta da Daniel Oren che s'inseriva nel solco dell'interpretazione tradizionale. Comprimari di lusso erano Carlo Bosi (Spoletta) e un po' meno Wojtek Smilek (Angelotti), ma davvero poco felice la scelta di un barítono di voce chiara e debole per il sagrestano (Francis Dudziak).
La coppia di amanti veniva affidata a Martina Serafin e Marcelo Álvarez. La prima dava tutto sommato un'interpretazione attendibile anche se non memorabile della diva, con qualche suono asprigno e metallico e scarsi suoni filati. Il tenore ha sempre una voce solare, ma la tecnica fa sempre più difetto: ‘spinge' tutti gli acuti, fa ricorso al singhiozzo quando il fiato gli manca, e così si spiega che abbia avuto un non piccolo incidente nel sempre pericoloso ‘Vittoria!' del secondo atto, e oggi la mezzavoce ha perduto timbro e soprattutto appoggio. Cantare Cavaradossi quasi sempre di forza non sembra la cosa migliore per la salute vocale e neanche per il personaggio. Il pubblico che gremiva la sala applaudiva tutti con grande entusiasmo.
Jorge Binaghi
28/10/2014
Le foto del servizio sono di Charles Prat.
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