Tosca
all'Arena di Verona
Il terzo titolo in cartellone al 93° Opera Festival all'Arena di Verona è stato il capolavoro di Giacomo Puccini Tosca, tratta dal dramma omonimo di Victorien Sardou. Avrebbe dovuto dirigere le sei recite previste il M.o Julian Kovatchev, il quale purtroppo ha avuto un serio malore durante una prova a tre giorni dalla prima. Al maestro, tuttora ricoverato in terapia intensiva nell'ospedale veronese, va il nostro più fraterno e sincero augurio di pronta guarigione. La Fondazione Arena si è trovata a dover recuperare un sostituto in ventiquattr'ore, compito non certo facile. Il M.o Riccardo Frizza, già impegnato per le recite di Nabucco, ha dato la sua disponibilità e pertanto seppur in extremis la situazione è stata risolta. Subentrando al collega, immagino con solo una lettura e una prova, sospendiamo il giudizio sulla concertazione di Frizza, sulla quale non sarebbe corretto esprimere giudizi. Tuttavia, è doveroso rilevare che il maestro ha portato a termine la rappresentazione con decorosa esecuzione e un attento rapporto tra buca e palcoscenico, anche se le parti d'assieme erano sfasate soprattutto per un peso orchestrale eccessivo, come il Te Deum e la cantata di Tosca fuori scena del secondo atto. Il Coro dell'Arena di Verona era ben preparato da Salvo Sgrò, ma con il poco tempo a disposizione non ha trovato un buon equilibrio con l'orchestra. Protagonista era il soprano Hui He, che con Tosca ha particolare rapporto essendo suo cavallo di battaglia. Il soprano cinese, ma veronese d'adozione, era in forma vocale smagliante e ha saputo superare tutte le difficoltà della parte con perizia ed eleganza, sfoggiando una voce piena e ricca di colore. Se proprio un appunto bisogna rivolgerle potremo dire che talvolta la dizione non era perfetta e la resa scenica lievemente scarsa ma Hui He è uno dei migliori soprani in questo repertorio e la “sua” Tosca è una garanzia di livello nell'attuale panorama lirico.
Delude il Cavaradossi di Marco Berti per problemi d'intonazione, voce non poggiata tecnicamente, un acuto sempre forzato, povero di sensualità e colore. Tali mancanze le abbiamo evidenziate anche nelle recenti recite di Pagliacci alla Scala, ma in occasione di Tosca si sono accentuate probabilmente per le due produzioni accavallate.
Non entusiasma neppure Marco Vratogna che impersona uno Scarpia piuttosto volgare e con una vocalità non calibrata, sfasato nel registro acuto, dissestato nel passaggio. Peccato perché il timbro è interessante e avrebbe le potenzialità per disegnare un ottimo personaggio.
Federico Longhi, il sagrestano, si ritaglia un successo personale caratterizzando il ruolo con proprietà di stile ed efficacia musicale. Buone le parti di fianco a cominciare dal preciso e calibrato Spoletta di Paolo Antognetti, dell'ottimo Sciarrone di Nicolò Ceriani, il bravo carceriere di Romano Dal Zovo, il corretto pastorello di Federico Florio, meno incisivo l'Angelotti di Deyan Vatchkov.
Lo spettacolo di Hugo de Ana, autore anche di scene costumi, è tuttora uno dei migliori allestimenti presentati in Arena negli ultimi anni. Tradizionale ma imponente, la scena è delimitata da una grande grata apribile sul retro, al centro una grande testa d'angelo, ai lati una mano con appoggiato un rosario e un'altra mano che impugna una spada. In questo gioco di simbolismo, potere, destino, autorità, vendetta, si muovono con grande realismo teatrale i personaggi. Di grande effetto i cannoni che sparano a salve nel Te Deum. Non si saprebbero trovare aggettivi superlativi per descrivere gli splendidi costumi, in particolare quello di Tosca, rosso porpora con lunghissimo strascico, nel secondo atto.
Anfiteatro con parecchi vuoti per un titolo di repertorio come Tosca, il pubblico ha comunque tributato un buon successo a tutta la compagnia.
Lukas Franceschini
29/6/2015
Le foto del servizio sono di Ennevi - Arena di Verona.
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