La Traviata
nell'allestimento di Robert Carsen alla Fenice di Venezia
Contemporaneamente alle recite de Il Trovatore, al Teatro La Fenice di Venezia, proseguivano anche le recite de La Traviata nell'allestimento che Robert Carsen curò nel 2004 per la riapertura del teatro dopo l'incendio. Sull'importanza dell'opera e la sua popolarità non mi dilungo poiché sono argomenti noti a tutti, tuttavia rilevo che La Fenice avrebbe potuto alternare le versioni de La Traviata poiché ogni anno ci sono circa una quindicina di rappresentazioni. Ricordo che musicalmente la versione del 1853 si differenzia notevolmente da quella che siamo soliti ascoltare ovvero il rimaneggiamento che Verdi apportò per le recite del 1854 dopo l'insuccesso dell'anno precedente. Il trasporto di tono è evidente soprattutto nel secondo atto nel duetto Violetta-Germont, nel quale al baritono sono richiesti sia una tessitura molto acuta sia un canto più incisivo. Nel 2004 Lorin Maazel diresse tale versione, poi fu abbandonata nelle riprese per quella di tradizione ed è un peccato perché si farebbe ascoltare un'opera del tutto diversa e forse più interessante.
Lo spettacolo di Carsen è arcinoto, trasportato in epoca moderna ma coerente ai fatti e alla drammaturgia. La scena di Patrick Kinmonth non entusiasma ma è lineare e pulita, mentre i suoi costumi, in particolare quelli femminili, sono di gran pregio e cromatismo. Dopo dieci anni di riprese lo spettacolo comincia a diventare “vecchio” e sarebbe il caso di sostituirlo se si vuole tenere il titolo in repertorio come da intenzioni della direzione artistica, pare tuttavia che nella stagione 2014/2015 la regia sarà rivisitata ed è già qualcosa ma nel suo insieme non credo ci saranno stravolgimenti sostanziali.
Dirigeva Daniele Rustioni che si distingueva in un tour de force con recite giornaliere delle due opere. Del maestro milanese non posso che riportare i giudizi espressi nel Trovatore e in altre sue recenti performance. Ottimo concertatore, capace di buon equilibrio tra buca e orchestra, con tempi morbidi ed incalzanti, peccato che l'orchestra della Fenice non lo seguisse di pari, dimostrandosi di sotto le attese. Sembrava altro ensemble rispetto all'opera ascoltata due giorni prima, confusionaria e spesso sopra le righe in particolare le percussioni e gli ottoni. La mano ferma e l'incalzare di Rustioni ha limitato molto il danno, ma per proporre opere tutti i giorni il Teatro dovrebbe avere una compagine più precisa.
Quale protagonista abbiamo trovato Francesca Dotto, giovane soprano che sta intraprendendo una strana carriera nella scelta dei ruoli, e anche in quest'occasione m'è parso non sia stato messo a fuoco completamente poiché le sfaccettature vocali di Violetta sono molteplici e lei non riesce sempre a seguire a dovere lo spartito. Nel primo atto la gioia di vivere è poco espressa, cui si sommano parecchie agilità imprecise, nel secondo manca di accento e colore risultando sovente monocorde. Si riscatta, in parte, nel terzo puntando su un lirismo drammatico di discreta fattura. Il tenore Leonardo Cortellazzi è un Alfredo molto musicale, bravo nel fraseggio e nell'accento. Egli ha una voce lirica, tendente al leggero, infatti, finora l'ho ascoltato con piacere in ruoli più “leggeri”; affrontare Traviata probabilmente è un tentativo per allargare il repertorio, prova riuscita nell'ottica della sua vocalità, la quale resta interessante e precisa. Egli esegue la cabaletta senza da capo anche perché è l'unico punto che lo mette in difficoltà per tenuta, probabilmente il ruolo è al limite delle sue possibilità, che risulterebbero migliori in ruoli più leggeri.
Trionfatore della serata è stato Simone Piazzola, giovane baritono in continua crescita. Il suo Germont è stato impeccabile per interpretazione scenica e vocale. La voce è molto bella, pastosa, scura, omogenea in tutti i registri, accomunata da un fraseggio di assoluto rilievo. Bravo nell'aria “Di Provenza”, ma vorrei rilevare la particolare esecuzione del grande duetto del secondo atto: davvero meritevole di plauso.
Nelle parti secondarie si mettevano in luce la brillante Flora di Elisabetta Martorana, l'Annina intimistica di Sabrina Vianello, il puntuale Grenvil di Mattia Denti e il corretto Douphol di Armando Gabba. Meno efficace lo stentoreo Gastone di Iorio Zenaro. Completavano la locandina: Giovanni Deriu (Giuseppe), Enzo Borghetti (domestico di Flora), Emiliano Esposito (commissionario). Buona la prova del coro e bravissimi i ballerini impegnati nella scena seconda del II atto. Teatro tutto sold-out, che al termine ha tributato a tutta la compagnia un vivo successo.
Lukas Franceschini
23/10/2014
Le foto del servizio sono di Michele Crosera.
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