RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

La Traviata

alla Scala di Milano

Al Teatro alla Scala il primo titolo del nuovo anno è La Traviata, di Giuseppe Verdi, nello storico allestimento di Liliana Cavani, con scene di Dante Ferretti e costumi di Gabriella Pescucci, presentato per la prima volta nel lontano 1990. È uno spettacolo tradizionale, nell'accezione nobile del termine, cui una scenografia imperiosa dona un tocco estetico di grande fascino, offrendoci una Parigi forse troppo decorativa ma senza dubbio non indifferente alla visione dello spettatore. I bellissimi costumi ci riportano come in un romanzo d'appendice, la classe e la sontuosità identificano un mondo parallelo alla grande società ma pur sempre agiato e abituato a una vita viziosa. Belle le sempre apprezzabili coreografie di Micha van Hoecke. La regia di Liliana Cavani, anche se modificata in alcuni momenti, resta una lettura chiara, pulita e molto precisa secondo i dettami del libretto. Qualcuno ha avuto da ridire sul lavoro ormai sorpassato della signora Cavani, personalmente posso affermare che lo spettacolo, sempre funzionale e gradito al pubblico, non si poneva e non si pone l'obiettivo di essere anticonformista, tutt'altro, e il non sapere ritrovare emozioni o intuire scene di altro spessore drammatico è dovuto a uno sguardo miope oppure a una cattiva recitazione sovente distorta dalle indicazioni originali.

Molto pregevole la direzione di Myung-Whun Chung, il quale ascoltato qui sul podio dell'Orchestra della Scala, in forma strabiliante, offre risultati ben più rilevanti rispetto alle recite turistiche veneziane. La lettura è accuratissima nel dettaglio, i preludi sono molto lenti ma d'indubbio fascino e i tempi narrativi incalzanti e ricchi di colori che sovente si sviluppano in una variegata tavolozza di effetti sonori. Unico appunto che si potrebbe muovere al maestro è di aver riportato l'opera in epoca antica: niente daccapo per Alfredo nella cabaletta, soppressione totale per il baritono. Brillante e allo stesso tempo efficace la prova del Coro diretto da Bruno Casoni.

Meritevole di plauso la prova di Marina Rebeka che interpreta una Violetta sfaccettata e di forte impatto teatrale. Non meno sono i risultati canori, brillante e con voce rifinita e importante risolve il primo atto con sicurezza e facilità. Più altera e signorile nell'affrontare il secondo atto, trova un efficace gioco di colori e giusto fraseggio. Una gradita sorpresa trovare la cantante cosi ben preparata e immedesimata nel ruolo, nel quale ha commosso in più occasioni. Un solo appunto: ha sprecato un'occasione nel II atto che avremmo dato per scontata, eseguendo un “Amami Alfredo” senza enfasi e trasporto ma abbozzato come un soffocato addio, tuttavia la prova è superata a pieni voti.

Non si può dire altrettanto per gli altri due coprotagonisti. Francesco Meli, Alfredo, sfoggia la consueta voce pregevole e pastosa nel timbro, ma ora non più duttile come un tempo. L'emissione sempre tendenzialmente aperta potrebbe essere una peculiarità ma la mezzavoce che si trasforma in falsetto è sempre arbitraria e spesso fastidiosa. La dizione è precisa e lo slancio appassionato ma il settore acuto è leggermente forzato. Leo Nucci è stato un Germont sui generis , ormai legato a un gesto ripetitivo e sovente poco originale. Credibile tuttavia il personaggio ma vocalmente più spento rispetto a prove precedenti.

Ben calibrati i ruoli minori a cominciare dalla brava Chiara Isotton, Flora, e alla precisa e partecipe Annina di Caterina Piva. Piuttosto ruvido il Marchese d'Obigny di Antonio Di Matteo, preciso il barone Douphol di Costantino Finucci. Alessandro Spina da voce e anima a un dolente e rifinito dottor Grenvil. Non meno positivi i ruoli destinati ai Solisti dell'Accademia del Teatro: Riccardo Della Sciucca un pregevole Gastone, Sergei Ababkin preciso Giuseppe, e Jorge Martinez brillante domestico e commissionario.

Teatro esaurito in ogni ordine di posto e successo per tutta la compagnia, prolungati applausi al termine.

Lukas Franceschini

25/1/2019

La foto del servizio è di Brescia e Amisano.