La Traviata
al Teatro Antico di Taormina
Certamente Giuseppe Verdi fu un uomo dell'Ottocento e pertanto espressione dei suoi tempi e dei suoi costumi, ma fu anche uomo profondamente laico e democratico, e come tale sarebbe inorridito di fronte alla condizione di svilimento e di sudditanza nella quale è tenuta ancor oggi la donna in molti stati del mondo, ancor più nei paesi islamici, nei quali tale condizione viene potenziata e rinforzata, a differenza che nei paesi occidentali, da legislazioni teocratiche biecamente ottuse e retrograde. Sarà proprio il grande bussetano a musicare i toccanti versi di Francesco Maria Piave nei quali perfino un austero filisteo come Giorgio Germont si indignerà aspramente con il figlio irriguardoso ed insolente verso la donna amata: «Di sprezzo degno se stesso rende/Chi pur nell'ira la donna offende.» Questo è il grande messaggio umano, civile e sociale che ancor oggi può rivestire un'opera lirica come La Traviata per la società contemporanea, a patto però che venga analizzata in modo corretto e appropriato, senza ipocriti e falsi rigorismi e moralismi. Un'opera nella quale una “cortigiana” dell'epoca manifesta amore, bontà, abnegazione, disinteresse, altruismo e sacrificio, più di tante svenevoli signorine “perbene” della buona società. Tale il nobile messaggio ideologico ed etico della sublime partitura, la cui attualità, nella società contemporanea, risulta ancora, all'inizio del terzo millennio, quanto mai pertinente e cogente.
L'edizione proposta dal Teatro Massimo Bellini di Catania in uno con il Teatro Massimo di Palermo e con TaoArte il 16 luglio, nella suggestiva cornice del Teatro Antico di Taormina (con repliche il 19 ed il 21), ha saputo evidenziare proprio gli aspetti più profondamente rilevanti e significativi di tale capolavoro. La rappresentazione è stata preceduta da un minuto di silenzio per commemorare le più di ottanta vittime causate dal terrorismo islamico nella strage della Promenade des Anglais a Nizza dello scorso 14 luglio.
La regia, le scene e le luci di Massimo Gasparon sono state realizzate in modo coerente con le indicazioni drammaturgiche del libretto, pertanto tendevano a dare significativa rilevanza alla trama ed al carattere precipuo dei personaggi, vivificandone ed animandone anche azioni e gestualità. Il diligente metteur en scene ha puntato sull'efficacia rappresentativa del dramma in musica evitando quegli abusi e quelle sperimentazioni moderniste comuni a tanti suoi colleghi contemporanei, ai quali bisognerebbe consigliare un maggior rispetto per le opere rappresentate, anziché stravolgerne caratteristiche peculiari e tipologia. Unica inesattezza rimane a nostro avviso quella riguardante il coro gioioso di maschere del terzo atto che festeggia il carnevale, il cui schiamazzo dovrebbe giungere soffuso e attenuato nella camera ove giace Violetta moribonda, proprio perchè proveniente dalla strada (cioè dall'esterno). Tutto ciò non accadeva in quanto il regista ha preferito collocare il coro a lato del palcoscenico, aggiungendo su quest'ultimo delle maschere danzanti.
Desiree Rancatore (Violetta) dopo qualche iniziale insicurezza nel primo atto ha accresciuto man mano la sua prestazione, riuscendo, specialmente nel secondo e terzo atto ad espletare a pieno le sue doti canore, rivelando una splendida e salda zona media, ottimo controllo dei filati e delicatissimo fraseggio. Stefano Pop (Alfredo) ha saputo ben delineare i tratti tipici del suo personaggio, mettendo in campo, oltre ad un notevole physique du role, anche una bella voce, potente e ben timbrata, alla quale una maggiore rifinitura nei legati e nella copertura degli acuti avrebbe donato sicuramente più incisività e fascino. Il baritono Giuseppe Altomare (Giorgio Germont) ha dato prova di una voce piena e nello stesso tempo morbida, vellutata e dai tratti ben torniti, oltre che di una tecnica sicura e precisa. Si sono esibiti con garbo e disinvoltura anche Loredana Rita Megna (Flora), Piera Bivona (Annina), Emanuele Giannino (Gastone), Giuseppe Esposito (Barone), Alessandro Busi (Marchese), Maurizio Mascolino (Grenvil).
Il maestro Jordi Bernàcer ha diretto con gestualità sicura e perentoria l'efficace ed efficiente orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania, pur con qualche rallentando di troppo ma aprendo quasi tutti i tagli consueti ed eseguendo la cabaletta di Alfredo “O mio rimorso! O infamia” dell'atto secondo; la cabaletta di Germont padre dell'atto secondo “No, non udrai rimproveri” e dell'atto terzo la seconda strofa dell'aria di Violetta “Addio del passato”.
Bene anche il coro del nostro teatro diretto da Ross Craigmile, che oltre a disimpegnarsi in efficaci interventi si è sempre mosso con eleganza e scioltezza lungo tutto il palcoscenico; meno adeguati allo spettacolo ed alquanto ripetitivi e banali, ci dispiace dirlo, ci sono parsi i passi e le movenze sceniche offerte dal corpo di ballo.
Giovanni Pasqualino
17/7/2016
Le foto del servizio sono di Giacomo Orlando.