Barcellona
Torna Tristano sul palcoscenico
Solo titolo di Wagner anche in questa stagione, e dato nelle ultime due occasioni in forma di concerto, ritornava al Liceu Tristan und Isolde (ovvero Tristano e Isotta, come più piaccia). Si tratta di un allestimento che ha visto la luce cinque o sei anni fa a Lione e allora si trattava del primo incontro in solitario con Wagner di uno dei principali membri de la nota ‘Fura dels, Àlex Ollé. Effetti di luce, video e proiezioni bellissimi, con una grande sfera – tipo quella di Pomodoro a Pesaro – che si va mostrando in diversi aspetti e da diversi lati: i colpi di martello che rovinavano il preludio al terzo atto possono ricordarci che certe cose o vanno fatte benissimo o meglio non si fanno perché la prima a soffrire è la musica... Certo che oggi la musica di un'opera sta diventando la colonna sonora di un altro tipo di spettacolo. Per il resto la regia è parecchio tradizionale, e vorrei sapere perché, come un tempo i bambini a scuola, quando ogni personaggio deve dire la sua sale su una panca… Marke invece discende le lunghe scale seguito da Melot guardando bene dove mette i piedi. Peggio ancora, nell'ultimo atto quelli che vanno e vengono devono cantare alcune frasi saltando dalla buca al palcoscenico; unico risparmiato Tristano che, fortuna sua, sta morendo e non si muove troppo. Il fatto che questa sfera sia più o meno metafora dell'unico punto d'incontro possibile per gli amanti ha come risultato che i poveretti si vedono costretti a cantare la maggior parte del celebre – e lungo – duetto d'amore nel secondo atto proprio sul fondo del palcoscenico: senza l'acustica del Liceu e le voci dei due cantanti si sarebbe sentita solo l'orchestra. Non ho visto una particolare direzione di attori conoscendoli tutti da altre volte.
Dal punto di vista squisitamente musicale, Josep Pons, riconfermato per altri quattro anni in qualità di direttore musicale del Teatro, faceva buona impressione anche se discontinua. Meglio nell'atto primo e molti momenti del terzo che nel secondo. Anche l'orchestra si conferma decisamente in buona forma, ma quando non lo era così tanto, nel Ring l'interpretazione m'era parsa superiore. Bene il coro nel suo breve intervento alla fine dell'atto primo.
Irene Theorin aveva cantato già qui Isolde in concerto; questa volta sia l'eccessiva prudenza di una prima sia l'intenzione – da lodare – di non cantare tutto forte la facevano passare da un intenso atto primo a un quasi sussurrato secondo (colpa, ripeto, della posizione durante il duetto) per recuperare nel terzo, sebbene il Lust finale, così difficile, e che chiaramente ha cantato, io, dalla fila 8 di platea non l'ho sentito. Intelligente artista. Meno intelligente ma con una voce enorme, di buona proiezione e scura anche se per niente bella (in particolare nell'atto primo) Stefan Vinke si conferma uno dei pochi Heldentenor di oggi degni di questo nome. Particularmente riuscito il suo O König alla fine dell'atto secondo e naturalmente notevole quell'interminabile pezzo del delirio nel terzo: per me, tra quelli che ho visto di persona, il terzo dopo Jess Thomas e Jon Vickers.
Sarah Connolly era una più che corretta Brangania, piuttosto chiara di timbro e con degli acuti non sempre facili. Albert Dohmen metteva al servizio di Re Marke tutte le risorse della sua veterana frequentazione dei ruoli di Wagner, ma la voce è più quella di un bassobaritono che di un basso e in ogni caso l'acuto è molto limitato negli ultimi tempi.
Greer Grimsley, nei panni del fido Kurwenal, risultava qua e là troppo stentoreo senz'averne alcun bisogno. Discreti e basta i ruoli minori, sempre con una menzione particolare per il Melot di Francisco Vas, pure non essendo questo un personaggio ideale per lui.
Molto pubblico, senza esaurire il teatro, un po' freddo durante la recita ma alquanto scatenato alla fine.
Jorge Binaghi
2/12/2017
La foto del servizio è di Antonio Bofill.