Turandot
al Teatro Filarmonico di Verona
L'attività della Fondazione Arena è fortunatamente ripresa inaugurando la stagione invernale al Teatro Filarmonico con Turandot di Giacomo Puccini. Dopo la chiusura forzata per due mesi e la nomina del nuovo sovrintendente, il dott. Giuliano Polo, è da augurarsi che l'attività culturale-musicale della città non abbia ulteriori pause e prosegua il suo compito nel contesto dei luoghi e della programmazione cui siamo abituati da anni e resti un punto di riferimento non solo per i veronesi.
Lo spettacolo presentato a Verona è una produzione della Slovene National Opera di Maribor ideata da Filippo Tonon, regia, scene e disegno luci. Il regista realizza una storia che contiene le molteplici possibilità di soluzione drammaturgica dell'opera, non tralascia il fiabesco, ma segna marcatamente anche il conflitto sociale tra la reggia di Altoum e l'inavvicinabile principessa attorniata da guardie e ancelle. Tre grandi cubi posti su differenti livelli scorrono orizzontalmente sul palcoscenico creando velocemente la scena che rapidamente si dissolve in un'altra. È la maestria del regista a trovare soluzioni agili e narrative di ampio respiro drammaturgico, con un tocco di esotismo misterioso, complice un effetto luci notturno di grande efficacia. Ogni personaggio pare essere affiancato da un colore, ma oltre la spettacolare Turandot, sono i tre ministri a colpire per l'ampio cromatismo. La brava costumista Cristina Aceti adoperando una mano molto creativa non delude rievocando un oriente fantasioso ma curatissimo negli accostamenti. L'ingegnoso spostamento, sia di solisti sia di masse, è veramente elegante e fluido, il tutto rapisce lo spettatore come in un romanzo d'appendice.
Molto bravo il direttore Jader Bignamini che concerta con innata duttilità, ampio respiro di suono, colori accesi ed enfasi teatrale. Guida con mano sicura il palcoscenico essendo punto di riferimento nell'equilibrio voci e suono, anche se in taluni momenti si lascia prendere la mano e le sonorità gli sfuggono coprendo i solisti, ma nel complesso una prova molto positiva. Bravissimo il coro, istruito da Vito Lombardi, mai sopra le righe, e in perfetto equilibrio con l'orchestra.
Teresa Romano, Turandot, non sembra abbia realizzato il suo ruolo più congeniale, poiché il settore acuto è forzato e limitato, l'accento sommario e la dizione molto precaria. L'abbiamo preferita in altre parti.
La grande sorpresa della serata è stato il tenore Martin Muehle, Calaf, dal timbro brunito ma squillante, sicurissimo in tutti i registri, puntuale ed emozionante nei momenti a lui riservati, come nella celebre aria, nella quale ha avuto molte richieste di bis, purtroppo non concesso.
Rocho Ignacio è stata una Liù che possiamo collocare nell'ordinarietà, l'accento non è squisitamente lirico e il fraseggio monotono, anche se nel III atto era molto più pertinente rispetto il primo.
Rilevante la presenza di Carlo Cigni, Timur, in questo caso anche bravissimo nel fraseggio, cui va sommato un colore vocale di forte emozione, pertanto la performance di Parma di ottobre è da considerare un piccolo incidente di percorso poiché abbiamo trovato il cantante che conosciamo.
Molto musicali, bravi e precisi nella loro grande scena del II atto i tre ministri Federico Longhi (Ping), Luca Casalin (Pang) e Massimiliano Chiarolla (Pong), cui va riconosciuta una buona pulizia vocale e un tono molto elegiaco preferibile al sovente farsesco. Di grande professionalità gli altri interpreti in locandina: Murat Can Guven (Altoum), Nicolò Ceriani (Mandarino) e Angel Harkatz Kaufmann (Principe di Persia).
Teatro quasi esaurito e tanti applausi al termine, con ovazioni per il tenore Muehle.
Lukas Franceschini
26/12/2016
Le foto del servizio sono di Ennevi – Arena di Verona.
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