RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Il Turco in Italia

al Teatro Comunale “Mario Del Monaco” di Treviso

Talvolta accade, ma è raro, di andare a teatro in provincia ed imbattersi in spettacoli e produzioni così ben realizzate nel suo insieme, da far concorrenza ai teatri più blasonati. Probabilmente la considerazione perché reduce dalla deludente Traviata veronese. È il caso del recente Il turco in Italia di Gioachino Rossini andato in scena al Teatro Comunale "Mario Del Monaco" di Treviso.

Ė in parte inspiegabile come il pubblico del Teatro alla Scala non abbia compreso in quel 1814 la pungente ironia di Rossini e del librettista, Felice Romani, sulle vicende partenopee anche scanzonate, infarcite dalla presenza di uno straniero, il turco, con usi e costumi totalmente diversi. Non voleva essere una copia invertita della trionfale Italiana in Algeri veneziana dell'anno precedente, ma una nuova opera “una turcheria” originalissima e assai più ricercata. Il ruolo del poeta è centrale, e fa il verso al Don Alfonso mozartiano, egli è beffardo, smaliziato e in disparte, osserva e conduce le vicende che lo intrigano e saranno ispiratrici per il suo nuovo dramma, si potrebbe ipotizzare anche un alter ego del compositore stesso. Contraddistingue l'opera quest'appartenenza borghese alle vicende locali di una donna capricciosa, un marito poco scaltro, un presunto amante vanesio e un turco incallito seduttore. Quanto di meglio per Rossini di costruire personaggi diversi nel labirinto delle passioni e delle umane debolezze.

Questo nuovo allestimento, in coproduzione con Ferrara, Piacenza e Metz, ha avuto in Federico Bertolani, alla regia, un efficace direttore che ha trovato soluzioni davvero originali nel raccontare la vicenda. Ispirandosi alla napoletanità dell'opera, ove personaggi e vicende rimandano al gioco della commedia, non mancando di fare il verso alla commedia all'italiana degli anni d'oro del cinema e individuando anche stereotipi nei protagonisti di quel tempo e oltre, il regista ha colto appieno il senso dell'opera in parte dramma buffo, che ha suggerito duetti e scene briosi e divertenti, in parte commedia moralistica, ove abbiamo avuto equilibrati momenti seriosi ma sempre giocati sul filo brillante pertinente senza scendere nell'abusato comico da avanspettacolo ma risolvendo l'intrigo della vicenda sulla scia della teatrale e cinematografica attraverso i vicoli napoletani.

Per la realizzazione dell'allestimento Bertolani ha collaborato con la Scuola di Scenografia dell'Accademia di Belle Arti di Venezia. Giulia Zucchetta disegna delle simpatiche quinte mobili ove era riprodotta la mappa di Napoli, gli stessi vicoli ove i nostri protagonisti si trovano, si perdono e si ritrovano. Qualche cassa di legno a simboleggiare l'estrazione marinara della città, graziosi costumi, di Federica Miani, e con mano sapiente il regista ha mosso i fili dell'intricata vicenda, sempre divertente e spassosa. Azzeccata la macchina per scrivere del poeta che gironzolava telecomandata sul palcoscenico, di “Scoliana” memoria il duetto Geronio-Fiorilla mentre piegano le lenzuola e l'allampanato Narciso che faceva il verso a tanti film di Totò. Una prova ben riuscita con trovate eccellenti, che hanno rallegrato e divertito. Buone le luci di Roberto Gritti anche se nella scena della festa del II atto avremo preferito maggior ricercatezza.

Merito di questo successo anche l'ottima prova fornita dal direttore e concertatore Francesco Omassini, che con Rossini ha particolare dimestichezza. Innanzitutto, ha eseguito lo spartito integrale, cosa assai rara fuori da festival specializzati, e ci ha offerto una concertazione brillante e molto ispirata, assieme alla discreta Orchestra di Ferrara che lo stesso ha saputo coinvolgere con gesto attento e un variegato senso narrativo musicale. Il coro Lirico Amadeus, istruito da Giuliano Fracasso, ha fornito buona prova, anche se non sempre preciso.

La compagnia di canto ha riservato belle sorprese oltre a fornire un cast molto omogeneo.

Marko Mimica, Selim, è un giovane basso con voce bella, ben proiettata ed affine in tutti i registri, a suo agio nella coloritura, ha sfoderato inoltre una notevole presenza scenica, istrionica e brillante. Da seguire nel prossimo futuro. Cinzia Forte non sarebbe stata, per estrazione vocale più leggera, l'interprete ideale per Fiorilla, tuttavia grazie ad un'innata professionalità, la risoluzione nel registro acuto con garbata coerenza stilistica, un fraseggio eloquente, accomunata a senso teatrale disinvolto ha prodotto una prova oltre le attese, resa ancor più simpatica poiché faceva il “verso” ad Edwige Fenech di memoria collettiva.

Corretto e molto disinvolto scenicamente il Geronio di Giulio Mastrototaro, che colma con accenti e vis scenica il complesso personaggio. Impagabile Lorenzo Regazzo nel ruolo del Poeta, istrionico, e teatralmente grandioso, cui si somma una vocalità che si distingue per garbato accento e precisione.

David Alegret era un Narciso anche preciso, ma la voce è talvolta acerba e di colore non particolarmente affascinante ma riesce a trovare momenti molto azzeccati. Bravissima Cecilia Molinari, Zaida, dal canto brunito e con ottimo fraseggio. Una menzione particolare al giovane tenore catanese Pietro Adaini, Albazar, che ha eseguito la sua difficile aria con particolare mordente e uno squillo nel registro acuto di assoluto rilievo, oltre a possedere una voce di ottima fattura e bel colore. Altro elemento da seguire, speriamo a breve in futuro.

Al termine applausi convinti e meritati a tutta la compagnia da parte del numeroso pubblico che gremiva il Teatro.

Lukas Franceschini

4/2/2015

Le foto del servizio sono di Piccinni.