Così fan tutte
al Teatro Comunale di Bologna
Ultima produzione al Teatro Comunale di Bologna prima della pausa estiva: Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart nell'allestimento del Teatro Lirico di Cagliari.L'opera fu l'ultima collaborazione tra Da Ponte e il musicista di Salisburgo, assieme produssero tre gioielli inestimabili (con Don Giovanni e Le nozze di Figaro) del teatro d'opera ma Così fan tutte resta ancora, ingiustamente, la meno apprezzata perché la più difficile, complicata e di molteplice interpretazione. Musicalmente si apprezza la bellezza sonora della strumentazione, scintillante e di morbida fattura; drammaturgicamente la burla di un cinico Alfonso ai danni di due coppie d'innamorati, dei quali mette in discussione le certezze. Ma dove finisce la burla e ci immerge nel reale e complicato universo dei sentimenti umani? Più drammatica di quanto possa apparire ad un primo ascolto, pur con accenti del dramma giocoso, Così ha un finale aperto, tutti possono avere una loro morale sulla fedeltà femminile e sulla coerenza maschile. L'esplorazione del genere umano è seducente, Mozart e Da Ponte si divertono a mettere in discussione certezze e stili di vita senza dare dei giudizi moralistici. Un'opera che fa riflettere, forsanche un esame di coscienza personale, da cui le diverse posizioni di giudizio. Forse azzeccato fu il commento di Paumgartner: “Il tempo per la comprensione di questo finissimo gioiello non è ancor giunto. Forse non è lontano, o forse è passato per sempre con la preziosa cultura teatrale del ‘700. Sarà Così fan tutte destinata a vivere eternamente per la gioia di pochissimi?”. Probabilmente sì, perché è secondo come si vede il dramma che poi scaturiscono le diverse interpretazioni. Questa è in linea di massima la lettura che ne fa anche Daniele Abbado, senza però inoltrarsi troppo nella complicata vicenda, nella psicologia dei personaggi, nel primo scambio di coppia nel teatro d'opera. Egli si ferma a raccontare, non cadendo nel facile giocoso che poco s'addice al titolo. Ben rappresentato il contrasto delle coppie e dei due ex machina, un alchimista Alfonso e una civettuola Despina, non azzarda mai un colpo di teatro, un azzardo di drammaturgia, si limita solamente a narrare, con garbo ed eleganza. Non è certo aiutato da una banale scena teatrale a siparietti di Luigi Perego e dalle luci poco efficaci di Daniele Naldi; meglio i costumi sempre a cura di Perego.
Sul podio il giovane Michele Mariotti, direttore stabile a Bologna, del quale si possono apprezzare fraseggio e perizia tecnica puntigliosa, ma i tempi erano molto dilatati (overture molto sfasata) e mancava di verve ed incisività, molto spesso la preoccupazione di controllare tutte le sezioni lasciava spazio a colori spenti e una soporifera narrazione.
Cast abbastanza omogeneo con gli ovvi distinguo. Primeggiavano Yolanda Auyanet, Simone Alberghini e Nicola Ulivieri. La prima era una Fiordiligi compita e stilizzata, sorretta da buona tecnica e messa a dura prova dai tempi estenuanti del direttore nel rondò al secondo atto. Delle due voci gravi avrei preferito uno scambio di ruolo, tuttavia stile ed accenti erano pertinenti accomunati da un'innata teatralità. Anna Goryachova era una Dorabella alterna ed intubata, cui difettava anche un fraseggio anonimo, troppo esile e poco civettuola la Despina di Giuseppina Bridelli, cui manca il gesto della soubrette. Dmitry Korchak si esibiva anche con classe e voce di rilievo, ma le mancanze tecniche erano molto evidenti soprattutto nell'intonazione.
Teatro non particolarmente affollato, anche per le roventi temperature, ma soddisfatto al termine.
Lukas Franceschini
29/6/2014
Le foto del servizio sono di Rocco Casaluci.
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