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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Per un Barbiere… di qualità!

Da sinistra: Sofia Koberidze, Massimiliano Fichera, Simone Alaimo, Daniele Zanfardino e Giuseppe Esposito.

Riascoltare Il Barbiere di Siviglia è sempre una felicità per i melomani: autentico capolavoro dell'opera buffa, è una partitura che spira gioia di vivere, ilarità, scanzonata allegria e giocosa malizia. Quando poi gli interpreti riescono a incarnare sul palcoscenico la scatenata girandola di intrighi, scherzi e buffonate che la musica di Rossini dipinge con le note, allora si tratta veramente di un divertimento per gli occhi e per le orecchie, che per qualche ora riesce a farci dimenticare i tempi davvero bui che la nostra povera Italia continua ad attraversare, senza speranza a breve di vedere una luce in fondo al tenebroso tunnel che percorriamo da anni.

Il Barbiere andato in scena sabato 27 luglio alla Terrazza Ulisse di Catania, nell'ambito della Festa dell'Opera Mediterranea, ha senz'altro soddisfatto le aspettative del pubblico: la sapiente regia di Simone Alaimo, grazie al bel fondale traforato che un gioco di luci colorate animava, muovendo una scena tanto essenziale quanto ben congegnata, è riuscita ad imprimere a tutto il cast una verve rutilante, dove i bei costumi, fedeli alla tradizione, realizzati come le scene da Gerardo Spinelli, spiccavano con i loro vivaci colori tra il fondale e le poche chiare suppellettili presenti. Una bella regia, che è riuscita a rendere arioso lo svolgersi della vicenda, sfruttando al massimo lo spazio riservato al palcoscenico, e permettendo dunque agli artisti di muoversi in piena libertà, dando vita, sia nel primo che nel secondo atto, a gustosissime scenette, dove la mimica e le boccacce, le smorfie e i maneggi si univano fluidamente alla musica e agli accordi del clavicembalo, nei recitativi, eseguiti dal maestro Francesco Falci con misura e riservata discrezione, lasciando alle battute del libretto di Cesare Sterbini tutto lo spazio che meritano.

Interessante la prova fornita dal protagonista, il baritono Massimiliano Fichera: dotato di un talento attoriale di prim'ordine, il giovane cantante ha messo in luce una voce pastosa, dal timbro bronzeo, con begli armonici, specialmente nella zona grave. Figaro scatenato, capace di utilizzare una divertentissima mimica anche nei momenti più impegnativi della celebre cavatina, Fichera ha evidenziato, cosa rara purtroppo nei cantanti moderni, un gusto squisito nei recitativi, evitando di buttarli giù a casaccio, ma anzi interpretandoli con una musicalità ed un impegno che non mancheranno di condurlo al notevole successo che merita.

Daniele Zanfardino, nel ruolo del Conte d'Almaviva, si è rivelato un tenore di grazia nel senso più pieno del termine: musicalissimo, e dotato di una tecnica eccellente dei filati, ha cantato senza mai forzare la voce, senza mai cedere alla tentazione del roboante acuto, dimostrando di saper cantare piano, senza gli stridii che affliggono da anni il repertorio tenorile, ma evidenziando anzi sicuri passaggi di registro, che gli hanno permesso di mantenere sempre un'adeguata copertura.

Ottima anche la prova di Giuseppe Esposito, un Bartolo comicissimo, ma sicuro ed elegante cantante, dal timbro caldo e pieno: la sua bella mimica, unita ad un physique du rôle ben adeguato al suo personaggio, gli ha permesso di dare il meglio di sé sia nel duetto con la viperina pupilla, sia nelle scene d'insieme, sia nelle scaramucce col Conte deciso a tutti i costi a istallarsi in casa sua.

Sofia Koberidze, Rosina, si è dimostrata un ottimo mezzosoprano rossiniano: la sua voce, agile e ben addestrata, ha messo in evidenza un timbro brunito e pieno, tendente a tratti al contraltile, che potrà consentirle di interpretare con successo non solo altri ruoli rossiniani, ma anche di spaziare verso Donizetti e Verdi. Anche lei, come tutti gli altri, ha dato prova di una dizione eccellente, che ha permesso al pubblico, nonostante lo spettacolo si svolgesse all'aperto, di non perdere una parola.

Simone Alaimo, nel ruolo di Don Basilio, ha cantato una Calunnia pressoché da manuale, mostrando come l'età non sia riuscita ad avere ragione di una voce possente, di una presenza scenica di prim'ordine, e di una sensibilità teatrale che pochi cantanti posseggono. Unico anziano in una compagnia di giovani, si è prestato con fresca verve ai tiri mancini che il suo personaggio gli attirava, pennellando il prete ipocrita e avido con pochi gesti, comici ed autoironici, quasi volesse prendersi gioco addirittura di se stesso.

Buona la prova del coro maschile, come quella di Giuseppe Toia nel ruolo di Fiorello e di Fabio Costanzo in quello muto, essenzialmente mimico, del vecchio servitore Ambrogio. Rosanna Manzella, una vecchia Berta improbabilmente ammiccante a Carmen, ha interpretato la sua aria con discreta professionalità, ma con alcune sgranature e forzature che le hanno senz'altro nuociuto.

L'Astana State Opera Orchestra, diretta da Abzal Mukhitdinov, ha retto con buona sicurezza l'impegnativa prova con la partitura rossiniana, specialmente per quel che riguarda la sezione degli archi. Orchestra affiatata e compatta, dalla chiara vocazione sinfonica, ha purtroppo evidenziato qua e là alcune difficoltà nella gestione del complesso rapporto, imposto dall'opera italiana, tra strumentisti e cantanti: in particolare, il famigerato crescendo rossiniano, con la sua dirompente irruenza, l'ha trovata alquanto sguarnita nella gestione dei tempi, conferendo al colore orchestrale un aspetto un po' slegato e pesante, unico neo (del resto assolutamente comprensibile) in una compagine ben coesa e tecnicamente agguerrita.

Giuliana Cutore

28/7/2013

La foto del servizio è di Giuseppe Russo / Lookland.com.