RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 

 

Quando la salsa è meglio del pesce

Ospiti del terzo appuntamento della stagione Rai, giovedì 10 e venerdì 11 novembre 2022, sono stati Alpesh Chauhan, direttore ospite principale dei Düsseldorfer Symphoniker, direttore associato della BBC Scottish Symphony e direttore musicale della Birmingham Opera Company, qui per noi sul podio dell'Orchestra Sinfonica Nazionale (OSN), e Nikolaj Szeps-Znaider con il suo violino “Kreisler” Guarneri del Gesù del 1741. Insieme, all'auditorium Arturo Toscanini di Torino, hanno dato vita a una serata che, nonostante abbia radunato poco pubblico, ha convinto quello presente, pur osando sfidare la paura del nuovo, presentando, in prima esecuzione Rai a Torino, il Concerto per violino e orchestra nº2 in la minore Op.61 di Karol Szymanowski (1931-32), seguito dalla Sinfonia nº2 in mi minore Op.27 di Sergej Rachmaninov (1906-07).

Szymanowski: chi era costui? Nato nel 1882 in Ucraina (…anzi, no, in Polonia: Tymošivka all'epoca era polacca, ora appartiene all'Ucraina), pianista di formazione, studia composizione a Varsavia. L'Op.61 è il suo ultimo lavoro per orchestra, scritto quasi a quattro mani con l'amico violinista Pawel Kochanski (ricorda un po' la genesi dell'Op.77 di Brahms con Joachim), autore anche della grande cadenza centrale e dedicatario dell'opera. Come già per il Primo Concerto Op.35, anche il Secondo, pur conservando la tripartizione tipica del genere, si sviluppa in un continuum, abolendo le pause tra i movimenti, somigliando infine più a una rapsodia che a un concerto, sviluppando una semplice cellula basata sull'intervallo di terza minore e coniugandola con influenze popolari polacche, pur non arrivando ai radicalismi che Bartók sperimentava negli stessi anni col repertorio ungherese, ma distanziandosi sensibilmente da un impianto tonale riconoscibile.

Positivo nel complesso il giudizio sull'esecuzione, solidamente poggiato su una valida intesa reciproca. L'organico impiegato è medio-grande, dunque il bilanciamento tra solista e orchestra riveste un ruolo fondamentale, tanto più che qui, come già nel precedente Concerto, Szymanowski ricupera l'antica accezione di cum-certare nel senso di suonare assieme. Il solista non è antagonista, ma coopera con l'orchestra, distaccandosene ma insieme fondendosi. Il merito va sia a Chauhan, nella calibrazione dei rapporti strumentali, sia all'OSN, che sa piegarsi al suo volere senza problemi. Tecnicamente ineccepibile, pur non dovendosi esprimere in vistose arditezze funamboliche à la Paganini – cadenza a parte, dove i passaggi a doppie corde e in pizzicato la fanno da padrone – Szeps-Znaider sa rendersi espressivo pur in un brano che non lascia molto spazio all'emotività. Gli applausi confermano il suo talento, ma risultano più convinti a seguito dei due fuori programma. Si rivolge al pubblico in italiano: pensavamo di esserci lasciati il Covid alle spalle, ma non è così, dice; va bene allora Bach, una preghiera. Con espressione molto più toccante e squisita sensibilità, ecco allora dipanarsi il corale Ich ruf zu dir, Herr Jesu Christ BWV 639 per organo (trascrizione dalla Cantata BWV 177), arrangiato per violino e archi da Anders Hillborg nel 2015. La nuova veste toglie al brano gli austeri panni bachiani e gliene offre altri dall' allure romanticheggiante, che ricorda le trascrizioni pianistiche di Harold Bauer. Agli insistenti applausi, Szeps-Znaider zittisce tutti con un: ancora Bach. E via con la Sarabanda dalla Partita per violino solo nº1 in si minore BWV 1002. Due pagine che fanno dire alla mia vicina di posto: non c'è niente da fare, la musica antica è sempre la migliore. Pareri.

Il tempo dell'intervallo ed eccoci proiettati nel fascinoso mondo di Rachmaninov. E pensare che, dopo il fiasco della sua prima sinfonia, tenuta a battesimo da un Glazunov probabilmente ubriaco nel 1897, l'autore non volle più sentir parlare di sinfonie. Fin quando, rifugiatosi a Dresda con la famiglia per scampare ai disordini della “Domenica di sangue” del 1905 (evento poi celebrato dall'Undicesima di Šostakovic cinquant'anni dopo), ci ritentò, forse senza neanche troppa convinzione, forse per provare a se stesso di essere ancora in grado (come Cajkovskij con la sua Quinta) e riprese in mano la scrittura puramente orchestrale, mettendo in cantiere diverse composizioni. Non poteva sapere che, tra queste, gli sarebbe uscita quella che sarebbe stata la più famosa ed eseguita delle sue tre sinfonie: la Seconda. Ed eccola, per noi, in tutto il suo grondante iper-tardoromanticismo. Chauhan sottolinea adeguatamente lungo tutta la possente partitura il carattere appassionato (in parte pletorico; ma ci piace anche così, o forse proprio per questo) che la contraddistingue, evitando però di liberare il completo potenziale emotivo del primo e secondo movimento (come se ci fosse qualcosa di trattenuto nelle pur debordanti pagine dell'Allegro moderato) e conservandolo per l'acme, lo stupendo Adagio in terza posizione, che prende lo spirito dell'Andante sostenuto del Secondo Concerto per pianoforte e orchestra (1900-01) e lo porta alle estreme conseguenze (encomio speciale per il commovente clarinetto di Enrico Maria Baroni e il suo assolo). Chauhan ci mette del suo, gonfiando il suono, tendendolo nelle sue arcate melodiche; sotto di lui, esse respirano con moto ondoso, fluiscono e rifluiscono cioè come onde. Per quei dieci minuti di Adagio ci si scorda della realtà attorno, e si può solo ripensare all'anticipazione di questa estasi, curiosamente, in una sezione lenta all'interno dello Scherzo, che non è il Trio, trattata con sussiego e preziosità. Qualche clangore di troppo nell'Allegro vivace conclusivo, con quella sperticata emanazione di gioia un po' finta, come nel Finale della Quarta di Cajkovskij, incrina in parte un'ottima tenuta di stile; peccato il non aver sottolineato a dovere i richiami ai temi dei movimenti precedenti, col compito di riassumere l'intera sinfonia, invero da ricercare col lanternino, ma ben chiari se li si sa evidenziare. Buona l'accoglienza da parte del pubblico, che pare gradire più del primo brano in programma.

 

Christian Speranza

18/11/2022