RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Simon Boccanegra

al Festival Verdi di Parma

L'opera il quattro atti Simon Boccanegra su libretto di Francesco Maria Piave venne rappresentata per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia il 12 marzo del 1857. In seguito il compositore bussetano ebbe vari ripensamenti su di essa e così fece rivedere il libretto da Arrigo Boito che ne rimaneggiò alcune parti. Questa nuova edizione dell'opera riveduta e corretta venne presentata al Teatro La Scala di Milano il 24 marzo del 1881, sotto la direzione di Franco Faccio, ottenendo un buon successo di pubblico. Ricordiamo inoltre che tale seconda versione è stata già proposta al Festival Verdi dell'anno scorso in forma di concerto.

Quest'anno il Festival Verdi 2022 ha voluto mettere in scena (sicuramente per volontà di compiutezza) la prima versione della quale Verdi redasse personalmente un libretto in prosa affidandone la versificazione a Francesco Maria Piave. Tuttavia il compositore, non sentendosi ancora sicuro della resa drammaturgica del testo, all'insaputa del suo paziente librettista, si rivolse per la versificazione di alcuni brani a Giuseppe Montanelli, patriota e poeta toscano in esilio a Parigi per aver partecipato al governo rivoluzionario del 1849. Infine il musicista rispedì il testo così compiuto a Piave, accompagnandolo con queste asciutte e perentorie parole: “Eccoti il libretto accorciato e ridotto presso a poco come deve essere. Come ti dissi in altra mia, tu devi mettere o no il tuo nome. Se quanto è avvenuto ti spiace, a me spiace pure, e forse più di te, ma non posso dirti altro che ‘era una necessità'.”

Il debutto non fu dei migliori, come ebbe ad annotare lo stesso Verdi: “Ieri sera cominciarono i guai: vi fu la prima recita del Boccanegra che ha fatto fiasco quasi altrettanto grande che quello della Traviata. Credeva di aver fatto qualcosa di passabile ma pare che mi sia sbagliato. Vedremo in seguito chi avrà torto.” Purtroppo l'esito negativo si confermò nelle successive sei repliche e pertanto l'opera decadde dal repertorio operistico.

Una certa ripresa, almeno della seconda versione, si è avuta già nel corso del '900 ma della prima stesura una riproposta c'è stata solo il 2 febbraio del 2002, in forma di concerto, al Palafenice di Venezia, dato che il teatro La Fenice era in ricostruzione a seguito dell'incendio che l'aveva totalmente distrutto il 29 gennaio 1996 (la riedificata Fenice verrà inaugurata dal 14 al 21 dicembre del 2003).

La regia di Valentina Carrasco, la quale ha voluto imprimere un taglio nuovo e moderno ambientando la vicenda durante le grandi contestazioni operaie degli anni 60/70 e collocandola proprio fra gli addetti ad un grande macello, esponendo un'azione scenica e scenografica che si svolge fra quarti di manzi appesi al soffitto con sullo sfondo immagini proiettate di container marittimi e tavoli per il taglio della carne, ci è parsa alquanto sconclusionata, fuori luogo e soprattutto inutile e arbitraria.. In verità il libretto di Francesco Maria Piave recita: “L'azione è in Genova e sue vicinanze, nella prima metà del secolo XIV” e continua “Una piazza di Genova. Nel fondo è la chiesa di San Lorenzo, che verrà poi illuminata interamente. A destra dello spettatore è il palazzo dei Fieschi in marmo, con portone e gran balcone praticabili. Nella seconda facciata a fianco del balcone è un'immagine, davanti a cui arde un lanterino. Fra il palazzo e la chiesa è una strada. Alla sinistra una casa di povero aspetto; altra più regolare nel fondo. Fra tali due case entra una via. Comincia a far notte”. A cosa dunque sono servite le indicazioni didascaliche del librettista? Non sono servite proprio a nulla visto l'arbitrio assolutamente devastante che ne ha fatto una regia delirante e insensata! Aggiungo che tali confuse regie non meriterebbero pubblico pagante, anzi non meriterebbero diritto di cittadinanza neanche se l'ingresso fosse assolutamente gratuito! Inoltre sovrintendenti e direttori artistici dovrebbero rendersi conto che dare spazio all'arbitrio e allo scempio del testo ad opera di tali scriteriati pseudo-creativi potrebbe decretare la definitiva morte del melodramma, che ai giorni nostri certo non gode di ottima salute. Essi non hanno neanche il coraggio civile e morale di modificare il libretto e la musica di un melodramma, anzi si schermano dietro i grandi nomi che l'hanno creato e così agiscono su quelle che io definirei le “zone franche” cioè le didascalie sceniche che in realtà sono le più facili da “manipolare”. A proposito ci chiediamo a cosa servano tutte le edizioni filologiche di un'opera, che prestano attenzione alle più sottili modifiche e variazioni (siano esse testuali o musicali) se poi vengono ingoiate, fagocitate, sommerse e surclassate da demenziali regie che di filologico non hanno nemmeno il più lontano sentore. Lo stesso Verdi ebbe a scrivere nel 1847: “Allo scopo di impedire le alterazioni che si fanno nei teatri delle opere musicali, resta proibito di fare nelle mie opere qualunque intrusione, qualunque mutilazione, insomma qualunque alterazione che richiegga il più piccolo cambiamento, sotto la multa di cento franchi che io esigerò per qualunque Teatro ove sia fatta l'alterazione.”

Ben diverso è il nostro giudizio sulle parti vocali e strumentali. E' spiccato fra tutti senza dubbio il baritono Vladimir Stoyanov, nella parte eponima dell'opera, che ha confermato non solo le sue splendide doti vocali, fra le quali si possono distinguere una splendida zona media ed un fraseggio ben delineato e articolato, ma anche doti attoriali che si avvalgono di una poderosa e solida prestanza scenica che ne fanno un interprete di alto spessore. Bene anche il soprano Roberta Mantegna (Amelia) che ha sfoderato una voce pulita e abbastanza luminosa anche se non è riuscita ad esprimere fino in fondo l'espressività drammaturgica del suo personaggio. Il basso Riccardo Zanellato (Fiesco) ha messo in campo una voce vigorosa e dalla timbratura omogenea e ben equilibrata. Hanno cantato in modo corretto anche Piero Pretti (Gabriele Adorno), David Cecconi (Paolo Albiani), Adriano Gramigni (Pietro) e Chiara Guerra (ancella di Amelia).

L'orchestra Filarmonica Arturo Toscanini, l'orchestra giovanile della via Emilia e il Coro del Teatro Regio di Parma, sotto la sapiente e vigile guida del maestro Riccardo Frizza, hanno offerto una valida ed efficace resa della partitura verdiana. Opera sicuramente da ascoltare per tutta la sua durata ad occhi chiusi!

Giovanni Pasqualino

18/10/2022

Le foto del servizio sono di Roberto Ricci.

 

 

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