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Barcellona

Con Verdi riprende la stagione interrotta

Quest'agitata stagione del Liceu riprende con una Traviata sospesa dopo le prime recite per motivi di un'ulteriore e pazzesco ritaglio di posti che rendeva impossibile – si veda la recensione del Mitridate – alzare il sipario senza gravi danni non solo economici. Finalmente si è trovato un accordo e con 1000 posti (meno del 50% della capienza) le repliche restanti sono ripartite e anche alcune aggiunte. Ho visto una, sempre nell'allestimento ormai noto di David McVicar e ripreso in quest'occasione da Marie Lambert, che come dicevo cinque anni fa si tratta di una produzione “complessivamente molto bella e adeguata con solo un paio di scemenze (quelle che occorrono per non venire bollato dall'infame epiteto ‘tradizionale', anche se lo è nel più nobile senso della parola), con un notevole lavoro sui personaggi (forse qualche volta si potrà discutere – è il caso degli. amici della protagonista – ma non è mai gratuito), in particolare quello di Alfredo.” Aggiungerò che adesso le ‘scemenze' mi sono sembrate più di un paio, ma il tutto funziona.

Con quattro protagoniste differenti e ben tre tenori e tre baritoni più due maestri è diventato impossibile seguire tutte le compagnie, e ho visto quella del 19 dicembre. Peccato non aver potuto sentire la concertazione di Speranza Scappucci che pochi giorni prima aveva detto cose molto interessanti in una masterclass (appunto sull'opera di Verdi) sotto l'auspicio anche dell'intraprendente Istituto Italiano di Cultura di Barcellona.

Daniel Montané ha fatto suonare in parecchie occasioni troppo forte la compagine orchestrale (che si destreggiava bene) e con un ritmo indiavolato che, accettabile ma comunque eccessivo nella scena in casa di Flora, impediva ogni accento e possibilità di fraseggio nell'ultimo atto (dall'ingresso d'Alfredo le frasi volavano, con un po' più di calma per ‘Parigi o cara'). Il coro, sempre istruito da Conxita García, conosce bene l'opera e ha dato un bel contributo. La protagonista di Lisette Oropesa, senz'ombra di dubbio l'elemento più notevole della serata, è musicale e bene interpretata. Se la voce non è per niente personale e il colore non fa gridare al miracolo adesso ha un po' più di centro senz'aver perduto l'estensione e precisione degli acuti, e solo in certe frasi (poche ma importanti) l'istrumento è scarso e alcuni effetti discutibili. È stata applaudita anche dopo ‘Amami Alfredo', cosa che non ho sentito di persona dai tempi di Anna Moffo.

Alfredo era Dmitry Korchak, qui molto amato. È una voce che per colore ed emissione piuttosto nasale non è l'ideale per Verdi. Canta bene ma quando smorza il suono questo quasi scompare o perde qualità. L'estensione c'è come anche la competenza tecnica (che non l'ha messo al riparo di qualche problema all'inizio di ‘Un dì felice'), la bella figura e l'interpretazione disinvolta. Giovanni Meoni ha avuto per me degli alti e dei bassi nella sua carriera dal suo lontano re Carlo nell'Ernani ad Anversa. Adesso offre più sfumature ma la voce ha perduto volume e smalto nell'acuto.

Tra i tanti comprimari c'era soprattutto l'interessante Douphol di Gerardo Boullon, e le competenti Flora (Laura Vila) e Annina (Gemma Coma-Alabert) mentre il pubblico (parecchio) dimostrava soddisfazione anche a fine spettacolo ma doveva ritirarsi subito perchè si era arrivati all'ora del coprifuoco.

Jorge Binaghi

11/1/2021

La foto del servizio è di Antonio Bofill.