Nostalgia e virtuosismo della grande stagione romantica
L'ultimo giorno del mese di maggio si sono spenti i riflettori sulla stagione sinfonica 2012 –2013 del Teatro Massimo Bellini di Catania con un applaudito recital del pianista Ingolf Wunder. A succedersi sul palcoscenico, nel corso di una stagione per molti aspetti da ricordare, icone ormai consolidate del panorama internazionale come Yuri Temirkanov, Antonio Pappano, Michel Plasson, Xu Zhong (direttore artistico dello stesso Teatro dal marzo dello scorso anno), ma anche giovani promesse del circuito come Sayaka Shoji – prima artista giapponese ad imporsi nel 1999 al Concorso Paganini – e Daniil Trifonof, nel 2011 vincitore sia al Concorso Arthur Rubinstein di Tel Aviv che al Cajkovskij di Mosca. Altrettanto blasonato il pianista polacco Ingolf Wunder che, come nella migliore tradizione degli enfants prodiges, all'età di quattro anni aveva già il violino in mano. Negli anni successivi si dedica al pianoforte frequentando i conservatori di Klagenfurt e Linz, completando poi gli studi alla University of Music and Performing Art di Vienna. Debutta precocemente allo Schubert Hall del Wiener Konzerthaus e due anni dopo esegue il Terzo concerto per pianoforte di Sergej Prokof'ev nell'incantevole cornice Art Nouveau del Théâtre des Champs-Élysées di Parigi con l'Orchestra Nazionale di Francia, mentre nel frattempo si afferma con vari premi al prestigioso Concorso Chopin di Varsavia nel 2010, tra cui il secondo posto del podio. E proprio all'illustre genio romantico Wunder ha consacrato la sua prima incisione per la Deutsche Grammophon (2011), con un repertorio che spazia dalla Terza sonata, in si minore, alla Polacca Fantasia op. 61, dalla Quarta Ballata alla Polacca op. 22. Sempre sotto l'egida della prestigiosa etichetta tedesca lo scorso gennaio Wunder ha inciso 300, una composita silloge di brani che in parte è stata riproposta al pubblico catanese.
Il recital tenuto nella sala del Sada, informato su una matrice romantica, ha previsto nella prima parte l'esecuzione compatta delle quattro Ballate di Chopin, in cui Wunder ha esibito solida tecnica e ricercato fraseggio, restituendo altresì i molteplici scarti dinamici che caratterizzano il corpus chopiniano. Quale incipit della seconda parte, quasi per esigenza di continuità, ha poi proposto la Berceuse in re bemolle maggiore op. 57, a seguire il Valzer op. 49 di Raoul Koczalski, il celebre Clair de lune di Claude Debussy (tratto dalla Suite Bergamasque), il Preludio in sol minore op. 23 n. 5 di Sergej Rachmaninov, lo Studio op. 8 n. 12 di Aleksandr Skrjabin, Etincelles n. 6 (dai Klavierstücke op. 36) di Moritz Moszkowski, la Danse excentrique di Vladimir Horowitz e, per concludere, Csardas macabre di Liszt. Tessere tutte di un mosaico che ci restituisce l'immagine di un pianista virtuoso che, con audacia ma altrettanto merito, vuole accreditarsi anzitutto come interprete chopiniano, inserendosi sulla scia di Koczalski, Moszkowski e Horowitz, tutti e tre – prima che compositori – eccelsi dominatori della tastiera. Accuratamente calibrata inoltre la scelta di mantenere un fil rouge nel segno della grande stagione della Romantik sino alla fine, estrapolando dal repertorio di Debussy una pagina trasparente e nostalgica che consente a Wunder di manifestare sonorità eleganti ed eteree, controbilanciate dal pathos del Preludio in sol minore di Rachmaninov, insidioso per le ricorrenti ottave ribattute e accelerate, eseguite con rigore e pulizia dall'artista polacco. Il programma si è concluso con un omaggio al virtuoso par excellence, Franz Liszt, con Csardas macabre, composizione del 1882 pubblicata postuma nel 1951, per poi ritornare ancora una volta a Chopin con il bis Fantasie-Impromptu op. 66, in do diesis minore.
Biagio Scuderi
6/6/2013
La foto del servizio è di Giacomo Orlando.
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