RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

9/4/2016

 

 


 

La Spagna in Francia; e non solo

Un tuffo nelle suggestioni musicali spagnole ha atteso il pubblico del quattordicesimo concerto dell'Orchestra Sinfonica Nazionale (OSN) all'auditorium Arturo Toscanini di Torino, il 15 e 16 marzo 2018: una Spagna, però, specchiata negli occhi dei compositori francesi di fine Ottocento, che di quel mondo magico avevano cominciato a sentire l'influsso a partire dalla Sinfonia spagnola per violino e orchestra Op.21 di Lalo (1874) in campo strumentale e dalla Carmen di Georges Bizet (1875) in quello operistico.

Ma è con autori quali Emmanuel Chabrier, Ernest Chausson e Maurice Ravel che la serata prende il via. Ci si trova così trasportati nel bel mezzo di una coloratissima e chiassosa festa popolare al ritmo di danze folkloristiche quali la jota e la malagueña con la rapsodia per orchestra España di Chabrier (1883), puramente ispirata a temi ascoltati dall'autore durante un lungo viaggio in Spagna; e si prosegue con Tzigane per violino e orchestra, di Ravel (1924), che coniuga le atmosfere zingaresche e orientaleggianti di certa parte della musica spagnola con le pirotecniche difficoltà, talvolta puramente esteriori, della parte solistica per violino, pensata e scritta per la violinista ungherese Jelly d'Arány, nipote del più famoso Joseph Joachim (che aveva aiutato Brahms a stendere la parte solistica del suo Concerto per violino Op.77). Tra questi due brani è presentato anche il Poème per violino e orchestra Op.25 di Chausson (1896), che si discosta dall'atmosfera spagnola per il soggetto a cui è ispirato (la novella Il canto dell'amor trionfante di Turgenev, ambientata nella Ferrara tardorinascimentale), ma che condivide col resto del programma l'attrazione che l'Oriente, in tutte le sue sfumature, esercita sulla temperie culturale e musicale dell'epoca (Shahrazad di Rimskij-Korsakov, del 1888, gli omonimi lavori raveliani del 1898 e 1904, Madama Butterfly e Turandot, del 1904 e 1920-24 rispettivamente, di Puccini). Il nucleo narrativo del Canto dell'amor trionfante è infatti il ritrovamento di un violino indiano da parte di Muzio, tornato da un lungo viaggio, sul quale suona una melodia incantata, dedicata alla donna amata che aveva però scelto, per sposo, il suo migliore amico. Chausson ne cava una pagina dal sapore misterioso, ambiguo, dove il violino, lungi dallo svettare ad ogni costo, si integra nella composizione e ne commenta i passaggi salienti.

Il programma termina con un'allusione ad Oriente meno frequentato, e al quale forse si pensa con minor immediatezza: quello dell'antica Grecia e dei suoi miti. Ed è così il momento delle due Suites per orchestra dal Bacchus et Ariane Op.43 di Albert Roussel, suites approntate dall'autore stesso e ricavate, la prima dall'atto primo, la seconda dall'atto secondo, nel 1933-34, dal balletto presentato nel 1931 e ispirato proprio al mito di Bacco e Arianna. L'eroe Teseo, giunto a Creta per sconfiggere il Minotauro, riceve da Arianna il famoso filo. Compiuta l'impresa, Arianna fugge con lui e gli altri Ateniesi verso Atene, ma Teseo, dopo averla addormentata, la abbandona sull'isola di Nasso (da cui l'espressione popolare, nata per corruzione linguistica “piantare in asso”, dall'originale “piantare in Nasso”). Qui, Arianna viene consolata dal dio Bacco, che, innamoratosi di lei, la sposa.

E, restando sempre in tema orientaleggiante, la direzione e l'interpretazione non potevano che essere affidate a due orientali: il giapponese Kazuki Yamada, Direttore Principale e Direttore Artistico dell'Orchestra Filarmonica di Monte-Carlo, ma anche Direttore Principale della Japan Philarmonic, Direttore Musicale della Yokohama Sinfonietta e, dal 2019, Direttore Principale Ospite della Yomiuri Nippon Symphony Orchestra, e l'astro nascente della scuola violinistica cinese, Ziyu He, nato nel 1999 praticamente col violino in mano: inizia infatti a suonarlo, a cinque anni! Dopo qualche anno di preparazione in Cina, il professor Paul Roczek del Mozarteum di Salisburgo lo invita a studiare con lui, ed è un collezionare primi premi ed esibizioni in giro per il mondo. Le svariate difficoltà di Tzigane vengono infatti affrontate con leggerezza e spirito da He, che si destreggia, senza dar segno di minimo tentennamento, tra armonici, doppie corde, pizzicati di destra e di sinistra e volate di velocità e altro ancora, “armato” di uno Stradivari “Schneiderhan” del 1715, concessogli dalla Beare's International Violin Society. Ad accompagnare questa tecnica precoce e prodigiosa si nota però una tendenza notevole all'interpretazione, a far vivere la musica con quel plus non scritto in partitura. L'interpretazione, tallone d'Achille delle ultime generazioni di virtuosi orientali, insuperabili quanto a tecnica, ma freddi e senza espressione (Lang Lang in testa, icona pop-classic fin troppo asservita a un mecenatismo commerciale di una nota marca di scarpe e tute sportive…), sta forse trovando un vindice nel giovane Ziyu He. La giovane età, probabilmente, e gli anni di formazione musicale gli ispirano un encore che suscita tenerezza: verosimilmente uno studio, piuttosto ripetitivo e incentrato sul problema tecnico di accentuare alcune note a scapito di altre: non un Capriccio di Paganini, non un estratto dalle Sonate bachiane, ma un pezzo che denuncia la vicinanza al “nido” di studi dal quale questo aquilotto (come Schumann definiva il Brahms esordiente) ha già iniziato a spiccare il volo.

Yamada, dal canto suo, bene asservisce l'OSN al talento di He, dandogli modo di rilucere, ma non trascura di curare l'orchestra fino ad ottenere un suono smaltato, lucente, cesellato nei numerosi assoli di cui i diversi brani sono costellati. Il giusto piglio rende scoppiettante España, mentre i toni oscuri tendono a prevalere in Poème. La duttilità la fa da padrone nelle Suites di Roussel, la cui orchestrazione lussureggiante viene piegata ai diversi contesti del balletto e dei personaggi.

Il pubblico, non molto numeroso, poco attratto forse dai titoli poco conosciuti, si è lasciato man mano conquistare dalla serata e dagli interpreti. Sarà interessante verificare, col prossimo appuntamento di Yamada a Torino, a fine marzo, sempre alla testa dell'OSN, alle prese col Mendelssohn sinfonico, l'impatto che avrà sulla platea.

Christian Speranza

19/3/2018