Die Zauberflöte
al Teatro alla Scala
Il Progetto Accademia del Teatro alla Scala 2016 è stato la realizzazione dell'opera Die Zauberflöte di Wolfgang Amadeus Mozart in un nuovo allestimento curato dal regista Peter Stein. Come annunciato quando fu presentata la stagione odierna, questa produzione costituisce la prima tappa di un progetto di collaborazione tra il Teatro alla Scala, l'Accademia Teatro alla Scala e uno dei più prestigiosi registi del nostro tempo, Peter Stein, per presentare ogni anno i migliori giovani cantanti internazionali in un contesto d'eccellenza e al termine di un percorso artistico inedito per qualità e livello di approfondimento. Il regista tedesco ha offerto la sua disponibilità per iniziare un lavoro di formazione e preparazione dei giovani artisti da un anno prima del debutto. Questa rilevante operazione segna il cambio di marcia straordinario nell'ambito delle cosiddette masterclass, il Teatro alla Scala per primo introduce un nuovo sistema di preparazione affidandosi a un regista e un direttore d'orchestra in uno “studio e formazione” di assoluta importanza e per la durata di unicità.
Nel singspiel Die Zauberflöte, sintetizzando, l'argomento si rifà alla mitologia dell'antico Egitto in un clima in cui alla storia di Iside e Osiride si attribuiva una particolare influenza su tutte le religioni successive. Per il resto l'opera spazia in una varietà di ambientazioni, ove l'Egitto occupa solo una parte, una gamma di costumi esotici, il rituale massonico, ma anche il divertimento favolistico, infantile, in bilico tra lo spettacolo marionettistico e quello circense. Mozart conclude l'opera sulla base della concordia, questa avviene con la sconfitta delle tenebre in favore della luce e della gioia anche esteriore.
Bellissimo lo spettacolo creato da Peter Stein, assieme allo scenografo Ferdinad Wogerbauer e alla costumista Anna Maria Heinrich, nel puro e gratificane solco della tradizione. Perfettamente rispettata l'opera e la drammaturgia, in un allestimento che inizialmente pareva fin troppo minimale, ma in seguito si è visto un grande lavoro di tecnica scenografica con il crearsi delle diverse scene a vista, un impianto perfettamente riuscito e di grande senso teatrale. Il regista di suo ha imposto una recitazione calibrata, asciutta ma con un'impronta teatrale validissima poiché ci invita in questo spettacolo magico anche nella costruzione, e saremo noi a dare delle risposte all'intricata vicenda che attinge su diverse fonti. Non ha forzato la mano in “concetti astrusi” cercando un suo linguaggio, una sua concezione, ecc., non ha messo l'io davanti allo spartito di altri. Di questo lo ringraziamo e lo plaudiamo vivamente. Bellissimi i costumi, sapientemente azzeccati per ogni personaggio, e di grande pregio il disegno luci di Joachim Barth.
Sul podio Adam Fischer, esperto direttore mozartiano che proprio alla Scala diresse il titolo trent'anni fa. La lettura musicale è precisa di grande spessore sinfonico, forse anche in sintonia con l'impianto registico, ma anche sapendo di avere sul palco dei giovani, i quali sono stati sorretti con grande maestria in un racconto piacevole, in tempi serrati e rigida compostezza. L'Orchestra e il Coro (diretto da Alberto Malazzi) dell'Accademia del Teatro alla Scala lo seguono con diligenza strabiliante, dimostrando non solo impegno ma grande professionalità.
Tra le voci ci sono state alcune belle nuove conoscenze. Il Papageno di Till von Orlowsly, brillante cantante e bravissimo attore dotato di voce pastosa, morbida e buon timbro. Martin Summer, Sarastro, ha un bel timbro vocale e si permette di cantare in zona grave con provata esperienza, anche se l'intonazione non era sempre precisa. Martin Piskorski, Tamino, è un giovane di buone speranze che cura positivamente il fraseggio e nell'insieme supera l'ardua prova con decoro. La Pamina di Fatma Said è stata molto musicale e ha sfoggiato un bellissimo timbro, peccato gli accenti non fossero particolarmente suggestivi. Note dolenti per Yasmin Ozkan, una Regina della notte che non possiede né la drammaticità del personaggio né tantomeno la tecnica necessaria, lascia perplessi nelle agilità e la zona acuta non è ancora perfettamente calibrata. Brillante e vivace la Papagena di Theresa Zisser, simpatico e ben cantato il Monostatos di Sacha Emanuel Kramer. Il resto della compagnia era molto preciso e ben preparato scenicamente: Philipp Jekal e Thomas Huber (Oratore e secondo sacerdote), Elisa Huber, Kristin Sveinsdottier e Mareike Jankowski (le tre dame), Mortiz Plinger, Clemens Schmid e Raphael Eismayr (tre fanciulli), Francesco Castoro e Victor Sporyshev (due uomini corazzati), Marcel Herrnsdorf, Tenzin Chonev Kolsch e Thomas Prenn (tre schiavi) e Jorge Abarza Sutter (sacerdote.)
I tre fanciulli geni erano i bravissimi solisti del Wiltener Sangerknaben che non facevano rimpiangere il blasonato Tolzen Knabenchor.
Pochi applausi durante l'esecuzione, ma calorosi e prolungati al termine per tutta la compagnia che giustamente li meritava.
Lukas Franceschini
27/9/2016
Le foto del servizio sono di Brescia e Amisano – Teatro alla Scala.
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