La morte del Cigno
di Aldo Misefari
Per i tipi della casa editrice Zecchini di Varese, lo scorso mese di gennaio è uscito il romanzo di Aldo Misefari La morte del Cigno. Ricordi e rimpianti nelle ultime ore di Vincenzo Bellini. Il volume, usando la tecnica narrativa dell'analessi, come dichiara lo stesso autore nella sua Presentazione, ricostruisce le tappe più importanti della vita, della carriera, degli amori e della stupefacente produzione melodrammatica del compositore. La narrazione ha il suo incipit proprio nell'ultimo giorno di vita del musicista, quel fatale mercoledì 23 settembre 1835, in cui giace gravemente malato nel suo letto e nel quale ripensa un po' a tutta la sua vita trascorsa. Così ricorda la sua fanciullezza a Catania, dove aveva studiato musica sotto la guida del tenero nonno Vincenzo Tobia, già alunno del Conservatorio napoletano Sant'Onofrio a Porta Capuana, i suoi studi presso il Conservatorio S. Pietro a Majella con Zingarelli e le sue prime affermazioni professionali. Gli tornano anche alla memoria i suoi successi alla Scala di Milano e i suoi viaggi a Londra e Parigi dove ha la ventura di riscuotere consensi di pubblico davvero rilevanti ed entusiasmanti. Va col pensiero anche ai suoi amori: Maddalena Fumaroli, Giuditta Cantù Turina e tante altre dame che si affollano nella sua memoria. Con tale accorgimento narrativo Misefari riesce a ricostruire in modo puntuale e circostanziato la biografia del giovane compositore che intorno alle ore 17 del pomeriggio di quell'infausto 23 settembre, all'età di appena 33 anni e dieci mesi circa, chiuderà gli occhi per sempre su questo mondo.
Nel capitolo finale della sua fatica l'autore ricostruisce anche gli eventi che seguirono la morte del musicista, a cominciare dall'esame autoptico fatto sulla salma del compositore, voluto dal Re di Francia per voci di sospetto avvelenamento. Tale esame venne eseguito trentasei ore dopo la sua prematura morte dal dottor Adolphe Dalmas, professore aggregato alla facoltà di medicina di Parigi. La ricognizione sul cadavere, fugando ogni sospetto di veneficio, rivelava come il musicista avesse invece un intestino ricoperto di lesioni piene di pus e un ascesso della grandezza di un pugno all'estremità del fegato. Pertanto il decesso era stato dovuto ad una enterocolite con dissenteria e di probabile eziologia ulcerosa. Alla morte del compositore seguirono solenni funerali ai quali parteciparono grandi personalità del mondo della musica e della cultura dell'epoca ed egli venne sepolto nel cimitero parigino di Pere Lachaise. Nel 1876 la sua salma venne finalmente traslata nella Cattedrale di Catania dove ancor oggi riposa sotto un bellissimo monumento realizzato all'epoca dallo scultore Giovanni Battista Tassara.
Scritto in modo semplice, lieve e scorrevole, il testo si avvale anche di un ricco materiale iconografico e fotografico.
Giovanni Pasqualino
29/2/2024
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