Scusate la polvere
Capita raramente di assistere ad una novità teatrale che metta in primo piano l'intelligenza sullo sperimentalismo fine a se stesso, ma che soprattutto sappia rimodulare un plot, o meglio un personaggio, quello della vedova, già ben indagato ed sviscerato, offrendo non solo una conduzione nuova, ma soprattutto un finale aperto e al tempo stesso inedito.
Di vedove e mogli tradite è piena la letteratura, ma Scusate la polvere, andato in scena al Musco di Catania il 18 marzo, tratto dell'omonimo romanzo di Elvira Seminara e ridotto per il teatro da Rita Verdirame, offre degli elementi di novità che aprono in certo senso altri orizzonti espressivi, teatrali, ma soprattutto esistenziali, offrendo al tempo stesso validi spunti per una riflessione sul linguaggio, finalmente esplorato nella sua valenza assolutamente femminile, e per ciò stesso demistificatorio dell'universo maschile (qui condannato al silenzio), autoironico, autoreferenziale e, proprio perché scritto da una donna per sole donne, privo della connotazione moralistica e un po' spregiativa che anche la più partecipe, paritaria e aperta mente maschile (proprio perché tale) gli avrebbe conferito.
Donne come la quadricromia di un'unica realtà femminile, più una madre svampita ma tutto sommato essenziale, che si industriano, ciascuna a suo modo, di elaborare un lutto, o meglio di farlo elaborare a Coscienza, la protagonista dal nome polivalentemente parlante, alla quale è morto il marito in un incidente d'auto. Ma c'è un punto che la Seminara ha saputo rendere qua e là tra le righe, e che la sapiente riduzione della Verdirame ha ripreso, amplificandolo nei dialoghi scintillanti: la volontà, ad un certo punto, di Coscienza (impedita entro certi limiti dalla sua coscienza) di piantarla col piagnisteo, e la lotta sotterranea tra il suo pigro sé luttuoso e l'arzillo, nuovo sé che vuole soltanto riprendere e soprattutto cominciare a vivere.
Intriganti tutte le conversazioni tra le quattro donne, intrise di luoghi comuni subito demistificati dai gesti, di calembours sulla pubblicità, di citazioni dotte usate per staffilare bonariamente le amiche e se stesse, con quella colloquialità caratteristica della donne quando non hanno uomini tra i piedi, per la prima volta estensivamente spiegata su un palcoscenico.
Brave tutte le attrici, da Loredana Solfiti (La Madre) a Giorgia Boscarino (Mia) e Giada Colonna (Ebe). Un plauso particolare ad Egle Doria, elegante ed algida come si doveva nel ruolo di Alice. Luana Toscano, Coscienza, ha tratteggiato con buona professionalità la metamorfosi del suo personaggio, pur con qualche intemperanza nella seconda parte, dove il controllo vocale ha lasciato talvolta a desiderare.
Intelligente e perspicace la regia di Giampiero Borgia, coadiuvato dai coloratissimi costumi di Dora Argento, dalle musiche vintage di Papaceccio MMC & Francesco Santalucia e dalle incisive luci di Franco Buzzanca.
Giuliana Cutore
20/3/2014 La foto del servizio è di Antonio Parrinello.
Giobbe Covatta all'ABC di Catania
Una serata all'insegna dello sberleffo
La satira nasce con l'uomo e scopo degli attori comici è certo quello di divertire, allietare, svagare e ricreare il pubblico. Ma in verità ci sono forse due modi di indurre alla risata: uno più leggero, ameno, superficiale, che si avvale dell'eterno contrasto uomo-donna, della barzelletta, del calembour, del motto di spirito ecc; ed un secondo più mordace, tagliente, acre, ma dall'intento più profondo, che intende diventare pedagogico, irriverente verso governanti, politici ed alti magnati della finanza, quasi rivalsa beffarda dell'uomo comune.
Quest'ultima tipologia di satira è tipica del comico “impegnato”, del comico contestatario, che vuole dar voce ai deboli, ai vinti, agli sconfitti, ai diversi, agli emarginati, ai discriminati, insomma un comico alla Dario Fo, alla Maurizio Crozza ed appunto alla Giobbe Covatta, per distinguerlo da quello più ovattato, disimpegnato e quasi cabarettista, come Gino Bramieri, Raimondo Vianello, Sandra Mondaini ed altri.
Venerdì 19 novembre, presso il teatro ABC di Catania si è esibito Giobbe Covatta, un comico che ha evidenziato ampiamente di appartenere alla gamma dei comici che come scriveva Orazio intendono con le loro interpretazioni cogliere le profonde contraddizioni della realtà e del sociale, il cui intento è quello «ridendo castigat mores» e nel contempo oltre loro stessi di far ridere anche la gente mettendo in ridicolo figure di ministri, onorevoli, giornalisti, divi, politici e ogni sorta di personaggio della vita pubblica.
Bersagli quasi fissi dello humor partenopeo messo in campo dall'abilissimo, versatile e spassoso comico sono stati il presidente del consiglio Silvio Berlusconi ed i ministri Brunetta, Gelmini, Carfagna, Bondi, messi alla berlina con una verve davvero esplosiva, scoppiettante ed esilarante, rimarcandone perfino gli enormi strafalcioni e svarioni. L'attore ha dimostrato di essere un eccellente showman, riuscendo da solo a tenere la scena per quasi due ore, modulando la voce con estrema accortezza ed abilità, utilizzando una gestualità elegante e disinvolta ma sempre perfettamente contestualizzata, non annoiando mai, perfino quando ha proposto la lettura della Carta Internazionale dei Diritti dell'Uomo. Il foltissimo pubblico assiepato nella platea del teatro ABC ha gratificato Giobbe Covatta di lunghi, calorosi e reiterati applausi.
Giovanni Pasqualino
20/11/2010
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