Primavera d'intorno brilla nell'aria e per li campi esulta…
Da sinistra: Antonio Caruso e Ileana Rigano. In fondo Antonio Starrantino.
Riprendere oggi quello che fu il primo dramma dannunziano, Sogno d'un mattino di primavera, scritto nel 1897 e portato sulle scene da Eleonora Duse l'anno successivo, costituisce senz'altro opera meritoria nel panorama dei teatri italiani, che raramente si concedono incursioni in testi poco esplorati, ma di converso rappresenta una sfida, sia per il regista che per il pubblico. Teatro essenzialmente di parola, quello dannunziano, per la musicalità del testo, fitto di artifici retorici, aulico, denso di latinismi, teso a ricreare, in un gioco altalenante di klimax e ardite metafore, un'azione esile e volutamente artificiosa, è un teatro che necessita di una disposizione particolare nello spettatore, che deve lasciarsi assorbire dalla musica ammaliante del Vate, dimenticando la povertà dell'azione e la nudità dei contenuti. Storia di una ragazza a cui è morto il fidanzato, vegliato poi per tutta una notte, in una rituale e simbolica immersione nel sangue del giovane, il Sogno, a ben vedere, altro non è che la descrizione di una nevrosi, che spinge la protagonista a rifugiarsi in un mondo panico, nella natura apparentemente incontaminata di una villa di campagna, dove un solerte giardiniere coltiva solo fiori bianchi, giacché la signorina Isabella ha in orrore tutto ciò che è rosso.
Una natura panica, ma solo in apparenza, nella quale Isabella si immerge per decontaminarsi con l'algido riserbo di una monaca, agli antipodi della ferina sensualità di Ermione ne La pioggia nel pineto: attorno a lei la serva Teodata, la sorella Beatrice e un Dottore, burattinai affettuosi della sua follia, tesi a compiacerla, in una ragnatela di sensazioni e fobie dalla quale nemmeno il fratello del fidanzato morto può riuscire a liberarla.
Ileana Rigano e Barbara Gallo.
Dramma della prigionia affettiva di una donna, la cui stessa agiatezza economica diventa catena, dandole troppo tempo per se stessa, per crogiolarsi in un dolore costruito sino alla mania, Sogno di un mattino di primavera, andato in scena il 17 marzo al Centro Zo di Catania, ha trovato in Guido Turrisi un regista attento e misurato, che è riuscito ad imprimere agli attori una recitazione scevra da facili ma assolutamente inadeguati naturalismi, facendoli al tempo stesso rimanere al di qua dallo straniamento espressionista, in una zona media nella quale la recitazione assumeva un carattere onirico, lento, con pause frequenti, sottolineate da effetti sonori simili a metallici rintocchi. In limine, ottima la scelta di sopprimere l'intervallo, che avrebbe spezzato l'atmosfera sospesa e onirica gradatamente conquistata agli spettatori, complice anche il disegno delle luci affidato ad Alfio Ciulla.
Il bianco dell'innocenza agognata e dei fiori primaverili dominava le scene, create da Piero Lo Monaco e da Mario Platania, dove un vero prato coinvolgeva lo spettatore sin nell'olfatto, creando una zona franca, dove il sogno si dispiegava nella sua ricerca ossessiva di una natura catartica, sul nascere di una primavera assorta, ancora tesa verso il suo trionfale esplodere.
Gli attori, come sempre avviene nelle produzioni teatrali de “Gli Stravaganti”, si sono dimostrati tutti autentici professionisti. Ottima la prova di Barbara Gallo, Isabella, che è riuscita ad infondere al suo personaggio tutte le caratteristiche di una follia rattenuta, usando con maestria la voce e adoperando una gestualità a tratti volutamente scomposta che ben sottolineava il dibattersi in una ragnatela di affezioni dalla quale solo la vita reale avrebbe potuto salvarla.
Da sinistra: Antonio Starrantino, Antonio Caruso, Ileana Rigano, Guido Turrisi, Barbara Gallo, Chiaraluce Fiorito e Daniele Sapio.
Con eccellente dizione Ileana Rigano ha tracciato in lunghi assolo l'antefatto della vicenda, dando al personaggio di Teodata un'umanità dolente ma sempre composta e misurata; Antonio Caruso, nel ruolo del Dottore, ha reso con energia il distacco del suo personaggio, l'unico che sa di dover trattare Isabella come una malata, e che forse è il solo ad essere conscio che non c'è rimedio. Algido quando doveva, è riuscito a trovare accenti di compassione sincera nel dialogo con Teodata e ha ben reso la condiscendenza del medico accompagnando la follia di Isabella. Bravi anche Chiaraluce Fiorito, Beatrice, e i giovani Daniele Sapio e Antonio Starrantino, rispettivamente Virginio e Panfilo.
Molto belli i costumi di roseastudio, specialmente la sontuosa, veramente panica, sopravveste della protagonista.
Giuliana Cutore
19/3/2013
Le foto del servizio sono di Enrico Sigillo.
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