RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


L'inverno è passato, l'aprile non c'è più

 

Così diceva la canzone, ma se il maggio è tornato al canto del cucù né la meteorologia né la situazione (economico-sociale-politica e via discorrendo) se ne sono accorte.

Il Maggio Musicale però continua a essere una grande manifestazione del massimo interesse e non merita quanto gli sta succedendo: qualcosa di molto grave e di molto brutto sarebbe un esito infelice. L'esempio del Maestro Abbado di fare un concerto gratuito (da imitare) lo dice chiaramente.

Però, in concerto, in altre sedi, le manifestazioni culturali sono tante e sempre interessanti. Nella mia purtroppo breve visita ho avuto modo di vedere una delle pochissime recite – non solo in Italia – dedicata a ricordare quel genio dell'opera che fu Britten (ne ricorrono i primi cento anni della nascita) e un concerto di Anna Caterina Antonacci il giorno della nascita di Wagner duecento anni fa che si chiudeva con la versione dei Wesendocklieder per voce e pianoforte. Sempre al piccolo, accogliente, ristrutturato Teatro Goldoni, ohimé non pienissimo (in particolare il giorno di Britten).

L'Antonacci e il suo ormai abituale ed eccellente accompagnatore Donald Sulzen erano interessanti nel ciclo di Wagner, ma soprattutto geniali nelle melodie francesi (Debussy, Fauré – che Fauré!, Duparc, Chausson, Berlioz – memorabile morte di Ofelia), nelle quattro canzoni di Amaranta di Tosti (qualcuno arricciava il naso perchè poco degno di figurare accanto ai francesi e a Wagner. Insomma…) e, visti i frenetici (e giustificati) applausi del pubblico, due canzone napoletane, un'aria di zarzuela e Moon river (meravigliose… Sarebbero magari pure queste indegne?). I ricordi della De los Ángeles, della Berganza e della Crespin non mancavano all'appello – per una volta non solo per rimpiangerle ma per ammirare il modo diverso e ugualmente magnifico in cui si può cantare, e dire, un'aria, una mélodie, un lied.

The Rape of Lucretia, non tra i titoli più eseguiti o ‘famosi' di Britten, si avvaleva dello spettacolo creato dodici anni fa da Daniele Abbado, ancora valido ed efficace nei riferimenti all'epoca dell'azione e della composizione dell'opera (1946, per cui dagli etruschi si passa ai nazisti e fascisti grazie anche alle proiezioni e alle riprese video di Luca Scarzella; belli ed essenziali luci, costumi e scene di Gianni Carluccio, così come i movimenti coreografici di Daniela Schiavone). Gli artisti, diretti molto bene, andavano dalla perfezione di Jacques Imbraillo (Tarquinius), Julianne Young (Lucretia), e l'ottima Gabriella Sborgi (Bianca) alla mancata prestazione di Thomas Tatzl (Collatinus). Senza grande rilievo vocale spiccava nel versante scenico il politico ambizioso e amorale (Junius) di Philip Smith. Bene, ma con qualche acuto fisso (la parte di Lucia ne ha parecchi difficili) Laura Catrani. Da sempre è stato un problema risolvere il funzionamento e la fusione drammatica del coro mascolino (Gordon Gietz, il cui timbro ha perduto smalto in zona acuta ma per il resto cantava benissimo) e di quello femminile (voce incisiva ma alquanto stridula e metallica quella di Susannah Glanville): entrambi interagivano tra loro e con gli altri interpreti molto bene. Tranne un piccolo momento verso la fine l'orchestra si mostrava in buona forma e rispondeva alla bacchetta esperta di Jonathan Webb, qualche volta incline a dimenticare il dovuto equilibrio con il palcoscenico.

Jorge Binaghi

31/5/2013

Le foto del servizio sono di Gianluca Maggi New Press Photo Firenze.